“Ancor più uniti”. Cosa significa?

Una riflessione su un recente impegno ecumenico

Roma (AEI), 5 settembre 2017 – Cosa significa per i rappresentanti della Chiesa cattolica romana, il Consiglio ecumenico delle chiese, l’Alleanza evangelica mondiale e la Federazione pentecostale mondiale dichiarare di impegnarsi a camminare in modo “ancora più unito” tra loro? Con questa domanda si apre un articolo di Leonardo De Chirico, vice-presidente dell’AEI, a commento di un comunicato stampa su un recente incontro ecumenico a Bossey (Svizzera) nell’ambito del Global Christian Forum.

L’incontro si è svolto in preparazione di ulteriori appuntamenti che vedranno questi organismi approfondire ancor più l’“unità” nel 2018. L’articolo si chiede di quale unità si stia parlando. Fino a prova contraria, sino ad oggi, gli evangelici (pentecostali inclusi) hanno parlato di unità cristiana intendendo l’unità tra i salvati, i nati di nuovo, i credenti professanti in Gesù Cristo secondo l’evangelo biblico. La fede evangelica pone questo fondamento all’unità. La chiesa cattolica e il movimento ecumenico, invece, parlano dell’unità dei “battezzati”, categoria sacramentale e non necessariamente riguardante i credenti in Gesù Cristo. E’ sotto gli occhi di tutti, infatti, che molti battezzati non sono cristiani. Gli evangelici devono quindi accettare l’idea ecumenica di unità dei battezzati e lasciar perdere il mandato di evangelizzare tutte le persone, compresi coloro che sono battezzati ma pagani?

“Ancor più uniti” significa che anche gli evangelici (inclusi i pentecostali) devono considerare il sistema dogmatico ed ecclesiastico della Chiesa di Roma (chiesa-stato, dogmi mariani, gerarchia, papato, banca, politica, ecc.) come legittimo dal punto di vista biblico e semplicemente un altro modo di essere chiesa? La fede evangelica storica ha da sempre considerato il sistema romano cattolico come un formidabile ostacolo all’unità in quanto contrario all’evangelo. Si deve ora cambiare idea ed accettare sia il cattolicesimo romano, sia l’ortodossia orientale, sia anche il liberalismo protestante come legittime forme di cristianesimo con cui essere “ancora più uniti”?

C’è un’ultima domanda sollevata nell’articolo di De Chirico. Per parte evangelica, chi ha deciso e in nome di chi di impegnarsi verso questo cammino di unità ecumenica? L’Alleanza Evangelica Mondiale, infatti, non ha mai in un’assemblea deliberato di cambiare le sue storiche posizioni critiche sul cattolicesimo (l’ultima delle quali votata nel 1986). Chi si è assunto la responsabilità di provare a modificare in modo sostanziale la postura storica evangelica senza una discussione e senza una deliberazione? A rischio è la tenuta stessa di un organismo come l’Alleanza mondiale che è basato su rapporti associativi orizzontali e fiduciari e non su un decisionismo elitario e gerarchico.