Informazioni editoriali

Thomas Oden (a cura di), La Bibbia commentata dai Padri, Roma, Città Nuova 2003.

Con molto coraggio e grande lungimiranza, l’editore Città Nuova ha cominciato a pubblicare una raccolta di commenti patristici alla Sacra Scrittura.

   L’iniziativa editoriale nasce negli USA in ambito evangelico, a cura di Thomas Oden e per i tipi della Inter-Varsity Press (i GBU anglo-americani). Il piano di pubblicazioni complessivo prevede l’uscita di 25 volumi in 29 tomi, per coprire l’intero canone biblico.

   Si tratta di una raccolta corposa di commenti a ciascun paragrafo della Scrittura, scelti tra gli scritti dei Padri della chiesa, da Clemente Romano (fine del I sec.) fino a Giovanni Damasceno (m. 749) e Beda il venerabile (m. 735). Essa raccoglie la ricchezza esegetica e omiletica seminata in tante opere, spesso non facilmente accessibili, nelle lingue latina, greca, copta, siriaca e armena.

   Per l’amante della Bibbia, questo commento è un tesoro di sapienza patristica che non mancherà di alimentare lo studio biblico. Naturalmente, il valore dei testi è variabile a seconda dell’autore, ma permette di confrontarsi con grandi teologi cristiani del passato, alle prese con la volontà di predicare la Parola di Dio nel loro tempo.

   L’ascolto della voce dei Padri, un ascolto certamente non acritico ma sicuramente nutrito di rispetto cristiano, è utile per gli evangelici che, spesso, hanno uno scarso senso della memoria e dell’eredità storica della fede evangelica.

   Mi piace abbinare questa impresa a quella altrettanto encomiabile della traduzione del commentario alla Bibbia del puritano Matthew Henry, a cura di Antonio Consorte: si tratta di commenti molto diversi tra loro, ma che permettono al lettore evangelico di apprezzare un assaggio della ricchezza della chiesa che ci ha preceduto.

   Si diceva dell’edizione italiana a cura di Città Nuova, da sempre attenta alla letteratura patristica. Sino a oggi, sono usciti in traduzione italiana i volumi relativi a Marco (384 p.), Genesi 111 (245 p.) e un volume comprendente Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio (541p.). 

 

John Piper, Desiderare Dio. Meditazioni di un edonista cristiano, Virgilio (MN), Passaggio 2003, 424 p.

 Questo è un libro notevole, da leggere e far leggere, e soprattutto da vivere in modo pieno.

   Alcuni potrebbero rimanere perplessi dall’uso del termine “edonismo” cui Piper ricorre con molta insistenza. Nell’accezione comune, “edonista” è chi vive per il proprio piacere, negativamente inteso in senso carnale.

   Dalla prima pagina, invece, Piper chiarisce molto efficacemente che “edonismo”, per lui, è vivere godendo pienamente la comunione con Dio e i tesori inestimabili della vita cristiana. Tutto il contrario della ricerca della gioia egocentrica e narcisista! La vita cristiana altro non è che prendere diletto in Dio e imparare a vivere all’insegna della gioia di Dio. Dio si diletta in Sé stesso e chiama le creature a partecipare dell’esuberanza del Suo essere.

   Dopo aver suggerito che, in questo senso, Dio è l’edonista supremo, Piper passa in efficace rassegna alcuni momenti topici della vita, per mostrare come la redenzione in Gesù Cristo possa essere vissuta come restituzione della gioia della vita creata da un Creatore gioioso: l’adorazione, l’amore, la preghiera, l’uso del denaro, il matrimonio, la missione e anche la sofferenza – tutto può e deve essere vissuto in modo cristianamente edonistico.

   L’elenco non è completo, perché, se è vera la premessa sulla gioia di Dio, non solo gli aspetti spirituali ed ecclesiali della vita possono essere vissuti nella gioia, ma anche quelli del lavoro, dell’arte, dello studio, dello sport, del divertimento, della politica, insomma della cultura in genere. Su questi ultimi, Piper non dice granché, ma il suo discorso può essere esteso a tutta la vita, non solo alla spiritualità intesa in senso riduttivo.

   L’edonismo cristiano, così compreso, non è un’invenzione di Piper né una novità del Cristianesimo un po’ superficiale del mondo contemporaneo. Al contrario, è una riscoperta del Cristianesimo biblico e storico. Il Catechismo abbreviato di Westminster (un documento classico della fede evangelica del XVII sec.), insegna alla prima domanda che “lo scopo principale della vita dell’uomo è glorificare Dio, gioendo in Lui per sempre”. Nel glorificare Dio, ci sono gioie a sazietà, davvero!

   La traduzione non è sempre felice, ma il libro può rappresentare un’occasione straordinaria per chi lo leggerà. Un’utile guida allo studio completa l’opera e la rende idonea anche per incontri di gruppo. 

 

 Carl F.H. Henry (a cura di), La rivelazione e la Bibbia nel pensiero evangelico contemporaneo, Napoli, Edizioni Centro Biblico 1973, 516 p.

 Sia consentita un’eccezione alla tradizione di questa rubrica, di solito attenta alle novità editoriali. In questo caso, si tratta di un libro uscito più di trent’anni fa, ma di grande valore anche a distanza di tanto tempo.

   Lo scorso dicembre è morto il suo curatore, Carl Henry (1913-2003), uno dei decani dei teologi evangelici della seconda metà del Novecento, e quest’opera è tra le poche che siano state tradotte in lingua italiana.

   Henry è stato, insieme a Billy Graham, uno dei protagonisti dell’evangelismo del Secondo dopoguerra. Presidente del Congresso di Berlino del 1966 (uno dei primi eventi a ridare fiato missionario al mondo evangelico), direttore per molti anni di Christianity Today (una tra le più diffuse riviste evangeliche del mondo), pubblicista prolifico e grande divulgatore teologico (da ricordare la sua opera in sei volumi, God, Revelation and Authority), Henry ha contribuito in maniera significativa a incoraggiare gli evangelicali ad abbandonare la mentalità del ghetto assediato del neo-fondamentalismo, a recuperare la propria identità teologica fondata sull’Evangelo e a misurarsi con le sfide del tempo in senso missionario.

   Da un punto di vista teologico, Henry ha denunciato con forza i vicoli ciechi del neo-fondamentalismo statunitense, che stava inaridendo la spinta apologetica del fondamentalismo d’inizio Novecento. Nel fare questo, Henry ha messo in guardia dalle insidie della neo-ortodossia, che, pur mostrando un diverso atteggiamento nei confronti della dottrina evangelica classica, non aveva fatto i conti in modo radicale con il liberalismo teologico, rimanendo ancora invischiata nella cesura tra fede e storia. La dottrina della rivelazione e della Scrittura è stata allora l’interesse principale di Henry nel corso della sua lunga militanza teologica.

   Questo volume è una raccolta che Henry ha curato proprio sul tema della rivelazione e della Bibbia. Di fronte alla critica liberale e neoliberale che imperversava, venticinque studiosi evangelicali hanno sostenuto con intelligenza e perspicacia la visione evangelica classica relativa alla dottrina in questione, senza reticenze sui punti controversi, ma senza complessi d’inferiorità rispetto alle tesi liberali.

   Dato che la rivelazione è uno dei terreni di verifica del carattere evangelico di una teologia, questo volume conserva tutta la sua freschezza e costituisce un punto di riferimento significativo per chi vuole confrontarsi con la teologia evangelica.

   Nel volume, ci sono contributi di alcuni tra i più bei nomi della teologia evangelicale della seconda metà del Novecento: tra questi, Pierre Marcel, Roger Nicole, James Packer, Hermann Ridderbos, Ned Stonehouse, Edward Young, F.F. Bruce.

   Oltre a quest’opera fondamentale, di Henry si possono consultare in italiano degli importanti documenti che il teologo americano ha contribuito a redigere: la “Dichiarazione di Berlino” del Congresso mondiale sull’evangelizzazione (1966) e le “Affermazioni di Deerfield sull’identità evangelica” (1989), entrambi raccolti nel volume di Pietro Bolognesi (a cura di), Dichiarazioni evangeliche. Il movimento evangelicale 1966-1996, Bologna, Ed. Dehoniane 1997.