A favore della libertà religiosa e delle minoranze

Al-Saliby, nuovo collaboratore del team della WEA alle Nazioni Unite a Ginevra

Roma (WEA-AEI), 16 gennaio 2018 – Il libanese Wissam al-Saliby, esperto di diritti umani, all’inizio di gennaio è entrato a far parte nel team ginevrino dell’Alleanza Evangelica Mondiale(WEA) che si occupa della difesa dei diritti umani. Dal 2012 infatti la WEA ha una seggio  permanente presso le Nazioni Unite il cui scopo è lavorare con le Alleanze Nazionali per assicurarsi che la loro voce sia ascoltata dai governi quando vengono riviste le politiche sociali ed i diritti umani.

Dall’intervista rilasciata all’ufficio stampa WEA, si evince che al-Saliby, per la sua storia personale e per la sua preparazione, ha il profilo giusto per portare avanti l’incarico in un momento storico così cupo per le minoranze sia etniche che religiose sempre più oppresse dai nuovi nazionalismi in continua ascesa in molti paesi del mondo.

Lui stesso ha vissuto la sua infanzia durante la guerra civile libanese riportandone cicatrici non solo fisiche. Quest’esperienza lo ha portato a lavorare con varie ONG per la ricostruzione del paese post guerra in cui il contatto con la multietnicità e multi-religiosità erano all’ordine del giorno.

Il suo consiglio alle Alleanze Nazionali, in materia di diritti umani, è di “difendere i diritti di tutti, perché non esiste la libertà religiosa per un gruppo o la libertà di espressione per un gruppo. La libertà e i diritti umani sono per tutti e la loro difesa dovrebbe essere a nome di tutti” […] “noi come seguaci di Cristo abbiamo bisogno di aiutare a correggere l'ingiustizia e portare guarigione, pur essendo consapevoli che le ‘libertà’ economiche e sociali non soddisfano di per sé l'anelito profondo dell'uomo alla vera pace. Solo il Vangelo della pace porta vera pace, guarigione e speranza”.

Per la chiesa in generale la sua visione è di una chiesa con un’autorevole voce profetica che sappia immaginare una realtà alternativa a quella attuale, dove la sofferenza è fermata e la guarigione e la riconciliazione possono aver luogo. A questo proposito si dice incoraggiato dall’enorme crescita della chiesa evangelica nei paesi del sud del mondo se pure molto spesso questa crescita numerica non si traduce in un forte radicamento teologico. La mancanza di profonde radici bibliche porta problemi anche nell’ambito pubblico, quando gli evangelici sono chiamati a difendere i diritti dei più deboli. I credenti infatti dovrebbero costruire una teologia pubblica che miri ad un costante impegno a favore dei poveri, degli oppressi e dei sofferenti.