Ideaitalia - Nuova serie, Anno IV · n. 2 · 21 gennaio 2020
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Conclusa la Settimana Internazionale di Preghiera
Decine di appuntamenti tra le chiese evangeliche
Roma (AEI), 20 gennaio 2020 – Si è conclusa la Settimana Internazionale di Preghiera (SIP) promossa dall’Alleanza Evangelica Europea che, dal 1861, scandisce l’inizio dell’anno per molte chiese evangeliche del continente europeo e non solo. Anche in Italia, la SIP da alcuni anni coinvolge decine e decine di chiese evangeliche che programmano i loro culti secondo il programma della SIP e/o organizzano incontri speciali durante la settimana nelle case, nei luoghi di culto o anche tra chiese della stessa città. Quest’anno il tema portante della SIP è stato “Sulla strada verso casa” e ha accompagnato le chiese in un itinerario biblico che ha valorizzato la promessa di una casa stabile, sana, sicura, riposante e festosa che Dio Padre ha realizzato in Cristo per mezzo dello Spirito Santo a favore di chi crede in Lui (la chiesa).
In Abruzzo, ad esempio, ogni sera della settimana dal 12 al 19 si sono tenuti incontri nelle diverse chiese della regione in cui credenti evangelici hanno partecipato per pregare insieme. A Roma, il 16 gennaio si è tenuto in incontro di preghiera in cui, provenienti da 7 chiese evangeliche della città, numerosi credenti hanno partecipato alla serata di preghiera indetta dall’Alleanza. In occasione di quella serata e, a commento dl testo di Giovanni 4 suggerito dal programma (Gesù e la samaritana), è stato detto che ciò che unisce i credenti, non è “l’acqua delle chiese (il battesimo)”, ma l’acqua viva di Gesù Cristo. In altre parole, l’unità cristiana è tra i credenti in Gesù Cristo, rinati a nuova vita per mezzo dello Spirito Santo, non tra i battezzati delle chiese che, per quanto possano aver ricevuto un sacramento ecclesiastico, non necessariamente sono nati di nuovo e non danno quindi alcun segno di rigenerazione. Questo punto è decisivo per distinguere tra l’unità evangelica (tra credenti) e l’unità ecumenica (tra battezzati). (CF)
“Uniti nel battesimo”. Davvero?
Visioni contrastanti di unità
Roma (AEI), 20 gennaio 2020 – Mentre si chiudeva la Settimana Internazionale di Preghiera (SIP) dell’Alleanza evangelica europea, ha avuto iniziato la Settimana ecumenica per l’unità cristiana (SPUC) organizzata dal Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) e dalla Chiesa cattolica romana. Mentre la Settimana dell’Alleanza ha avuto inizio nel 1861, quella ecumenica iniziò a partire dal 1908. Ma non è solo la differenza storica a distinguere le due iniziative: è proprio la comprensione di fondo di cosa sia l’unità cristiana a differenziarle. Secondo la sua Dichiarazione di fede, per l’Alleanza evangelica, l’unità cristiana è tra i “nati di nuovo”, tra i credenti professanti in Cristo Gesù. Per il movimento ecumenico è tra i “battezzati” delle chiese. La differenza è enorme. Ci sono infatti milioni di persone che sono state “battezzate” nelle chiese, ma che non sono credenti. Non è il battesimo che rende credenti: è la fede ricevuta e vissuta che fa la differenza.
Questa importante distinzione è stata recentemente sottolineata da Papa Francesco. Ricevendo una delegazione ecumenica finlandese nei giorni precedenti la SPUC, il Papa ha detto: “siamo in cammino insieme nella comunità di tutti i battezzati. I cristiani sono coloro che possono rendere grazie per il loro Battesimo”. Si evince, quindi che si cammina insieme tra “battezzati” che rendono grazie per il loro “battesimo”. L’enfasi è su un atto sacramentale impartito dalle chiese che si credono amministratrici della grazia di Dio. Prosegue il papa: “Questa gratitudine collega e allarga i nostri cuori, li apre al prossimo, che non è un avversario ma il nostro amato fratello, la nostra amata sorella”. Qui il discorso dell’unità passa dai battezzati al “prossimo”, cioè a tutti gli uomini e le donne. Quindi il discorso ecumenico dell’unità promossa dal papa e dalla SPUC abbraccia tutti, indistintamente che si tratti di credenti o non credenti, cristiani o musulmani, buddisti, ecc. La parola unità è la stessa, ma il mondo di significato che sta dietro e dentro di essa è radicalmente diverso. Per gli evangelici, l’unità cristiana è l’unità tra i figli di Dio, rigenerati da Cristo, credenti nell’evangelo biblico. (LDC)
Una fotografia sulla persecuzione dei cristiani nel mondo
Reso noto il Rapporto WWList 2020 di Porte Aperte
Roma (porteaperteitalia.org; AEI), 20 gennaio 2020 – 2983 cristiani uccisi per cause legate alla loro fede; ogni giorno in media 23 cristiane/i vengono abusati sessualmente. Sono questi alcuni dati che emergono dal Rapporto annuale di Porte Aperte (World Watch List), la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo presentata il 15 gennaio.
Primo dato degno di nota: cresce ancora la persecuzione anticristiana nel mondo in termini assoluti. Oggi salgono da 245 a 260 milioni i cristiani perseguitati nei paesi della WWL, sostanzialmente 1 cristiano ogni 8 subisce un livello alto di persecuzione a causa della propria fede. Su circa 100 paesi potenzialmente interessati dal fenomeno monitorati dalla nostra ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema. Il numero di cristiani uccisi per ragioni legate alla fede scende da 4.305 dello scorso anno a 2.983 del 2019, con la Nigeria ancora terra di massacri per mano soprattutto degli allevatori islamici Fulani, ben più letali dei terroristi Boko Haram. La Repubblica Centrafricana e, in particolare, lo Sri Lanka, con il terribile attentato di Pasqua 2019, sono rispettivamente il 2° e 3° paese per numero di uccisioni.
Al di là delle uccisioni legate alla fede, sconcerta il notevole aumento della “pressione” sui cristiani, in un mix di vessazioni, aggressioni, violenze e discriminazioni. che sintetizziamo con questo schema:
• Cristiani perseguitati 260 milioni, 1 ogni 8
• Cristiani uccisi 2.983, 8 ogni giorno
• Chiese ed edifici connessi attaccati o chiusi 9.488, 26 ogni giorno
• Cristiani arrestati senza processo, incarcerati 3.711, 10 ogni giorno
• Cristiani rapiti 1.052, 2 ogni giorno
• Cristiani violentati o abusati sessualmente 8.537, 23 ogni giorno
11 le nazioni che rivelano una persecuzione definibile estrema, di fatto le stesse dell’anno scorso, con Sudan ed Eritrea scambiandosi le posizioni. Al primo posto sin dal 2002 troviamo ancora la Corea del Nord: qui non cambiano le stime sui cristiani detenuti nei campi di lavoro per motivi legati alla fede (tra i 50 e i 70 mila). Anche Afghanistan (2°), Somalia (3°) e Libia (4°) totalizzano un punteggio uguale o superiore ai 90, ma con fonti di persecuzione diverse rispetto alla Corea del Nord, connesse a una società islamica tribale radicalizzata e all’instabilità endemica di questi paesi.
Ecco le dinamiche persecutorie principali rilevate dal nostro rapporto (analizzate nel dettaglio più sotto):
1. Diffusione della militanza islamica violenta negli Stati deboli dell'Africa sub-sahariana
2. Diffusione della militanza islamica violenta nell'Asia meridionale e sudorientale 3.
3. Aumento dell’influenza della criminalità organizzata in America Latina
4. Rischio che la persecuzione diventi digitale: l'ascesa della sorveglianza di Stato, soprattutto in Cina.
5. Il cristianesimo continua a scomparire dall'Iraq e dalla Siria a causa di conflitti e instabilità. (LS)
I giornali italiani alla prova della WWList
Il Rapporto di Porte Aperte e le omissioni dei media
Roma (AEI), 20 gennaio 2020 – La conferenza stampa del 15 gennaio sul nuovo rapporto WWList 2020 della ONG evangelica Porte Aperte ha cercato di attirare l’attenzione dei media su una situazione drammatica. Dando conto di una vera e propria impennata della persecuzione dei cristiani nel mondo - in un solo anno si è passati da 245 a 260 milioni di cristiani perseguitati – ci si sarebbe aspettati una recezione piuttosto unanime da parte del sistema italiano dell’informazione.
Anche il contesto della presentazione del rapporto è sembrato pertinente ad un’ampia diffusione: il direttore italiano di Porte Aperte Cristian Nani ed il pastore George Mouchi (Siria) sono stati accolti in una sala della Camera dei Deputati ed alla presenza di alcuni parlamentari sensibili al tema della chiesa perseguitata (gli onorevoli Andrea Delmastro delle Vedove, Lucio Malan e Vito Comencini). L’esito mediatico è stato pertanto rilevante, ma dentro un contesto dell’informazione, quella italiana, che anche in questo caso ha manifestato tutti i suoi limiti ed un certo provincialismo.
Innanzitutto è ragguardevole che non tutti i mezzi di informazioni hanno dato il necessario risalto alla notizia: le più grandi testate giornalistiche La Repubblica, Il Corriere della Sera e La Stampa hanno lasciato correre senza informare i propri lettori. In particolare sorprende l’assenza sul quotidiano torinese che aveva rendicontato i rapporti degli anni passati (2013, 2015, 2019). Se le ragioni di tali omissioni fossero connesse al calendario politico si tratterebbe davvero di una prova di scarsa qualità giornalistica.
Altri giornali hanno dato spazio ampio alla notizia: tra loro in particolare i giornali conservatori o di orientamento cattolico. Ma anche tra questi giornali è riscontrabile qualche omissione che definerei “pesante”. L’Agenzia Vatican News, ad esempio, non riporta nulla della recrudescenza della persecuzione in Cina. Eppure il Rapporto si occupa ampiamente di questo “quinto” della popolazione mondiale, spiegando che in esso ci sono state ben oltre la metà delle chiusure forzate di chiese (5.500 su 9.488 in totale), che il governo cinese sia sistematicamente impegnato nella sorveglianza digitale anche attraverso sofisticati strumenti biometrici e d’intelligenza artificiale, che la Normativa di Regolamentazione degli Affari Religiosi risalente al 2018, vieta ai minori di 18 anni di frequentare le chiese. E se anche la conferenza stampa ha dato ampio spazio a chiusure e controlli in corso nella Repubblica Cinese, perché mai glissare su un argomento così rilevante che, oltretutto, ha tenuto impegnato il Vaticano e la sua diplomazia, a partire dal segretario di Stato Pietro Parolin, negli ultimi 3 anni? Con buona probabilità si potrà rispondere invocando una “ragion di stato”: l’accordo del 18 settembre 2018 tra Vaticano e Governo Cinese sulla nomina dei vescovi, peraltro contemporaneo a molte delle dinamiche raccontate nel rapporto (si pensi alle linee guida per contenere le “informazioni religiose reperibili online” redatte proprio in settembre 2018), oltre a rappresentare un vero e proprio tradimento di quei cattolici che pure sono perseguitati, costituisce anche l’elemento di svolta, complice e colpevole, di una stretta persecutoria oggettivamente riscontrabile su tutta la popolazione cristiana che è all’80% protestante. Dai rapporti di Porte Aperte si evince che la Cina in un solo biennio è passata dal 43° posto dell’index WWList 2018 al 23° posto del 2020 con un punteggio salito di ben 13 grandezze (da 58 a 73). Allora qual’è la ragione? Evidentemente il Vaticano desidera passare in sordina una situazione incresciosa della quale le sue scelte rappresentano indirettamente una delle evidenti concause.
Infine, va fatta una terza considerazione. Dei giornalisti attenti avrebbero potuto trarre dal rapporto un altro elemento significativo per il nostro paese e per la nostra politica mediterranea. La fascia settentrionale dell’Africa, quella più prossima all’Italia, vede un incremento del tasso di persecuzione: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, hanno tutti incrementato sensibilmente il punteggio (score) negli ultimi due anni. In altre parole la persecuzione ci è più prossima, ma pochi sembrano farci caso. (GC)
A cura dell’Ufficio stampa dell’Alleanza Evangelica Italiana
Tel. redazione: (+39) 333 8558174
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Redazione: Lucia Stelluti, Chiara Lamberti, Leonardo De Chirico, Giovanni Marino, Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Carine Francq.
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