Roma (AEI), 26 febbraio 2018 – Per il Bene dell'Italia è un documento significativo prodotto dall'Alleanza Evangelica nel 2008. Nonostante ci rendiamo conto che possa e debba essere integrato con risposte alle nuove sfide poste dalla società contemporanea (tecnologia, migranti, responsabilità sulle risorse economiche), desideriamo riproporvelo oggi in vista delle prossime Politiche del 4 Marzo 2018, come utile strumento per esprimere un voto consapevole e fondato su alcune chiare priorità bibliche. Organizzato in 10 paragrafi tematici, il documento esordisce offrendo un maturo e sereno approccio evangelico alla politica al riparo tanto dagli atteggiamenti fuggiaschi quanto da quelli compromessi.
L’Alleanza Evangelica Italiana, consapevole di essere un organismo di comunione e di collegamento delle chiese, delle opere e dei credenti basato "su grandi principi evangelici comuni" invita con il presente documento ad una riflessione sulla natura e le possibilità dell’impegno politico nella prospettiva evangelica.
Come evangelici [1] siamo espressione dell’ortodossia cristiana e biblica, parte di una famiglia che in tutto il mondo cresce in modo significativo. Anche se con vicende alterne e numerose difficoltà, nel nostro Paese è presente una vibrante minoranza evangelica che davanti a Dio e a tutta la società civile vuole contribuire alla formazione di una riflessione politica biblicamente fondata e che, contestualmente, contribuisca al bene della nazione.
Pur riconoscendo la forte diversità in ambito politico manifestata dagli stessi cristiani siamo consapevoli della portata che i principi politici possono avere nella vita delle persone e nell’impatto che esercitano nella ricerca di un orientamento di fondo del Paese. Come evangelici e cittadini italiani vogliamo offrire una piattaforma di quelle che, secondo noi, sono le linee guida ineludibili e irrinunciabili per i cristiani evangelici. Le polarizzazioni contemporanee - l’individualismo liberale e conservatore da un lato, e il tecnicismo pragmatico e comunitario dall’altro – anche se esercitano forti attrazioni non sono infatti pienamente compatibili con la differenza e la prospettiva socio-politica cristiana. Inoltre, pensiamo, che tali approcci non siano in grado di offrire soluzioni adeguate e robuste.
Crediamo che Gesù ci chiami a seguirlo in ogni ambito della vita, e questo include la politica e l’impegno sociale. Anche se la Bibbia non offre un programma politico, è indubbio che i suoi insegnamenti fondamentali forniscono gli elementi chiave per una articolazione giusta e responsabile della vita sociale. Siamo consapevoli, allora, che la domanda non è se la fede cristiana ed evangelica sia pertinente alla riflessione politica, ma come deve esserlo. [2]
Senza voler proporre commistioni o interferenze improprie, consideriamo la tipica dicotomia tra “religione – politica” problematica. Anche nel nostro Paese, la religione è infatti spesso pensata come una funzione isolata di una qualche affiliazione religiosa, nettamente separata da ogni altro ambito (sport, politica, economia …). Probabilmente questa formulazione tranquillizza chi fa propria la visione del mondo illuministica o desidera la supremazia di un certo razionalismo. Ma tale dualità non appartiene alla prospettiva cristiana ed evangelica. Dio non solo è “pubblico” ma esercita sempre autorità su ogni cosa. Per questo motivo la vita cristiana non può mai ridursi ad un mero culto privato o alla coltivazione di una qualche preferenza personale.
L’azione politica non rappresenta il centro del Regno di Dio, e l’impegno politico non potrà mai sostituire l’evangelizzazione, la fondazione e il consolidamento delle comunità cristiane. La migliore politica e l’amministrazione più luminosa sono incapaci di trasformare e rinnovare il cuore degli esseri umani. Solo Cristo e l’opera dello Spirito Santo possono fare questo. Per questo lo scopo dell’azione e della riflessione politica è limitato e definito, ma è allo stesso tempo rilevante e intenso. In questa direzione il contributo che gli evangelici possono dare al benessere del nostro Paese potrà secondo alcuni essere modesto, ma sicuramente è sostanziale.
Consapevoli della complessità del compito, delle sensibilità facilmente disturbate e degli errori e peccati che noi stessi possiamo commettere o incentivare, riconosciamo il bisogno di sostanziare quest’impegno oltre che con la franchezza biblica anche con l’umiltà che la grazia di Gesù ci insegna secondo questi dieci principi irrinunciabili:
1. La dignità dell’essere umano
Ogni persona è preziosa ed è chiamata a vivere responsabilmente nel mondo. Riconosciamo che ogni essere umano ha una identità e un destino che trascende la vita terrena, senza per questo assolutizzare la vita quasi considerandola un idolo. Crediamo che coloro che esercitano responsabilità scientifiche, politiche ed amministrative hanno il dovere di proteggere la vita umana in tutte le sue forme e in tutte le sue fasi, oltre all’obbligo di tutelare attivamente i diritti umani.
2. La libertà religiosa e la laicità
Nessun governo deve discriminare una persona o una comunità a motivo della loro fede. Per questo motivo è inopportuno e ingiusto sia affermare che le religioni devono essere confinate nella sfera privata, sia attribuire qualche privilegio o vantaggio ad una qualche fede o confessione religiosa. Laicità è riconoscere il pluralismo religioso ed ideologico, senza posizioni di rendita a favore di qualcuno. La legislazione del nostro Paese sarà giusta quando tratterà con equità tutte le religioni (e le ideologie) e le rispettive comunità di riferimento, in ambito sia privato che pubblico. Questo significa anche un adeguato accesso ai mezzi di informazione di massa per tutte le componenti della società. L’impegno per la libertà religiosa ha sempre caratterizzato la minoranza evangelica nel nostro Paese in quanto essa è un elemento essenziale del buon vivere sociale.
3. La famiglia
Riconosciamo la famiglia come uno degli elementi centrali della società. Nella prospettiva evangelica la differenziazione sessuale e la conseguente complementarietà sono elementi strutturali che riflettano alcune caratteristiche di Dio: Dio esiste in relazione. La dimensione della sessualità va intesa in questa cornice. Il matrimonio, quale fondamento della vita familiare, implica inoltre una relazione monogamica e fedele nel tempo e apre la coppia alla progettualità e alla procreazione. Pur riconoscendo che con facilità la famiglia può diventare disfunzionale, amplificando gli orrori e le debolezze dell’oppressione e del peccato umano, siamo convinti che la famiglia deve essere pubblicamente sostenuta e riconosciuta con politiche e azioni opportune.
4. La giustizia e il pluralismo istituzionale
La giustizia si riferisce principalmente ad una opportuna sistemazione della vita e dei suoi aspetti. La giustizia è uno degli elementi centrali che emergono dalla relazione di Dio con il genere umano. Tale giustizia può esprimersi in molti modi, ma uno dei più importanti è attraverso la configurazione dell’autorità politica che deve dare sostegno ai poveri, ai bisognosi e agli oppressi e punire gli oppressori.
5. Il pluralismo istituzionale
Un ordine politico giusto cerca di agire solamente nel suo ambito di attribuzione e di responsabilità. Facilitare la crescita di una società civile significa non esercitare una autorità ingombrante, onnicomprensiva, indifferenziata che spiazza o soprassiede alle responsabilità educative, genitoriali, ecclesiastiche … attribuite ad altri soggetti. L’autoritarismo legale e politico è da evitare, così come è da controllare la tendenza espansiva del potere politico. Questo significa, in particolare, sia garantire un trattamento equo a tutte le religioni, sia riconoscere l’esistenza di competenze limitate e definite. In ogni caso lo Stato ha la responsabilità di garantire la giustizia pubblica per tutti coloro che fanno parte della comunità civile. Esso ha la responsabilità di perseguire un sistema di welfare pubblico che garantisca il benessere dei cittadini.
6. I poveri
Il termine “poveri” include tutti coloro che sono poveri in diversi modi: affamati, senza casa, stranieri, vedove, orfani, malati, deboli, oppressi, prigionieri, ciechi, esclusi. Nella prospettiva biblica la povertà non è solo un fatto economico. I poveri sono coloro che mancano delle risorse sociali, economiche, politiche per realizzare e vivere la propria responsabilità e la propria vocazione. Il comandamento di prendersi cura dei poveri significa prendersi cura di coloro che soffrono. L’attenzione nei confronti dei poveri e delle povertà vecchie e nuove non può essere lasciato alle sole sensibilità individuale, ma richiede una azione sociale e politica forte, sostenuta dalla prospettiva della giustizia [3].
7. Il lavoro
Poiché il lavoro è una caratterizzazione essenziale della dignità dell’essere umano, tutti hanno la responsabilità di lavorare con integrità, sicurezza e giustizia. Tutti hanno l’obbligo di strutturare la società in modo da permettere a ognuno di lavorare in un modo che rispetti la sua dignità e gli permetta di vivere con decenza e libertà.
8. La scuola
La tradizione italiana ed europea di un sistema pubblico dell’istruzione è una eredità di cui siamo grati. Perseguire la giustizia pubblica per lo Stato significa decidere che per formare uguali opportunità tutti i cittadini possono ricevere una istruzione e formazione libera (gratuita) fin dai primi anni di vita. Sono comunque da segnalare alcune criticità: a) manca ancora il riconoscimento pieno delle responsabilità dei genitori nelle scelte educative dei propri figli. L’esistenza del duopolio (sistema educativo cattolico e sistema educativo pubblico) non risolve il problema del necessario pluralismo educativo e in ambito pubblico il coinvolgimento delle famiglie è marginale e di fatto irrilevante; b) il principio di giustizia richiede una giusto trattamento di tutte le agenzie educative e formative, di fatto l’insegnamento pubblico della religione cattolica crea una lacerazione difficilmente sanabile con semplici accorgimenti organizzativi. Lo Stato dovrebbe onorare, senza discriminazioni, tutte le agenzie formative ed educative che i genitori (quali soggetti responsabili in primis dell’educazione dei propri figli) scelgono. Ogni scuola, a tal fine, dovrebbe essere messa in grado di “aprirsi” realmente al pluralismo civili del territorio di riferimento.
9. L’ambiente
L’agire umano deve essere diretto a proteggere e a far sviluppare il potenziale insito nell’intera creazione. Gli evangelici condividono la necessità di proteggere la diversità e la pluriformità del mondo e incoraggiano tutti a vivere una responsabilità ecologica attenta e decisa. L’amore che dobbiamo alle generazioni future richiede inoltre un ambiente pulito e non inquinato. La responsabilità nei confronti dell’ambiente è diffusa e quindi ognuno di noi deve agire a favore della sostenibilità ambientale. Questo richiede senz’altro una ri-definizione dei nostri consumi e del nostro stile di vita, oltre a ripensare il progresso scientifico e lo sviluppo economico nei termini di giustizia, responsabilità e sostenibilità.
10. La pace
Aspettiamo il tempo in cui non ci sarà più guerra. Sappiamo però che fino alla fine ci saranno “guerre e rumori di guerre”. Tutti gli evangelici (e i cristiani) vedono nella guerra la modalità peggiore, la più disonorevole e distruttiva, per risolvere i conflitti. L’impegno realistico per la pace e la non violenza risponde alle parole di Gesù “beati quelli che si adoperano per la pace”. Inoltre crediamo che coloro che minacciano (internamente ed esternamente) la società in cui viviamo devono essere fermati; questo significa anche lavorare per la costruzione di relazioni internazionali giuste e non più caratterizzate dall’oppressione e dallo sfruttamento. Rifiutiamo quindi come pericolosi i nazionalismi competitivi, le volontà politiche di costruire imperi regionali, o sogni utopistici finalizzati a conquistare una illusoria pace globale. Esiste una dimensione internazionale della responsabilità politica che va segnalata. Ogni autorità umana deve ricordarsi che questo è il mondo di Dio e che tutti gli esseri umani condividono l’identità di creature fatte ad immagine di Dio.
Per tutti coloro che esercitano una responsabilità politica e pubblica garantiamo le nostre preghiere, e un impegno a ricercare con forza la giustizia, la pace e la libertà. Ribadiamo inoltre la nostra reale disponibilità all’ascolto e al dialogo con tutti coloro che hanno a cuore il bene del Paese.
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[1] Un evangelico è: a) un protestante conservatore; b) che si pone in continuità alla storia dei risvegli del XVIII secolo e successivi; c) che riconosce un posto preminente alla Bibbia nella sua vita cristiana, quale Parola divinamente ispirata e autorità finale; c) che proclama la riconciliazione con Dio attraverso l’opera espiatoria di Gesù Cristo nella croce; d) che incoraggia l’opera dello Spirito Santo nella vita delle persone per la conversione, la comunione e il servizio, incluso il compito di proclamare il vangelo a tutte le genti. Cfr T. Larsen, “Defining Evangelicalism” in Cambridge Companion to Evangelical Theology, Cambridge University Press 2006. Si veda anche P. Bolognesi e L. De Chirico, Il movimento evangelicale, Queriniana 2002.
[2] Il patto di Losanna (1974) è uno dei documenti principali per descrivere la sensibilità socio-politica degli evangelici. Ad esempio nel paragrafo quinto – in P. Bologensi (a cura), Dichiarazione Evangeliche, EDB 1997 - si legge: “Affermiamo che Dio è tanto il Creatore quanto il Giudice di tutti gli uomini. Dovremmo perciò condividere con lui la preoccupazione relativa alla giustizia e alla riconciliazione della società umana, e alla liberazione dell'uomo da qualsiasi forma di oppressione... Anche per questo esprimiamo il nostro pentimento sia per la nostra negligenza sia per aver, talvolta, considerato l'evangelizzazione e i problemi sociali come entità reciprocamente esclusive. Benché riconciliazione con gli uomini non significhi riconciliazione con Dio, ne l'azione sociale sia da identificare con l'evangelizzazione, e neppure liberazione politica significhi salvezza, affermiamo ciononostante che l'evangelizzazione e l'attività sociopolitica fanno parte, ambedue, del nostro dovere cristiano. Per entrambe è necessario l'annuncio delle nostre dottrine di Dio e dell'uomo, il nostro amore per il prossimo e la nostra obbedienza a Gesù Cristo. Il messaggio della salvezza implica pure un messaggio di giudizio su ogni forma di alienazione, di oppressione o di discriminazione, e noi non dovremmo aver timore di denunciare il male e l'ingiustizia da qualsiasi parte si trovino”. Sulla stessa linea si veda anche la recente (2007) Dichiarazione di Filadelfia (Sull’impegno sociale evangelico), consultabile anche online.
[3] L’Alleanza Evangelica Italiana partecipa alla Sfida di Michea (www.micahchallenge.org), un’iniziativa internazionale per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio da parte degli stati membri dell’ONU entro il 2015, tra cui l’abbattimento delle varie forme di povertà.
Roma (AEI), 21 febbraio 2018 – Niente di nuovo sotto il sole, ma la consapevolezza di un reiterato privilegio a scapito di condizioni di vero pluralismo religioso e quindi di vera libertà religiosa. Un recente accordo del Governo italiano con il Vaticano (8 febbraio 2018) ha confermato la corresponsione di un alto stipendio, dello status giuridico e della posizione sociale dei cappellani militari - solo cattolici - che costerà alle casse dello stato circa 10 milioni di euro ogni anno. La riduzione paventata del numero di cappellani (da 204 a 162) è solo formale visto che l'organico effettivo è sempre stato inferiore ( solo 150 nel 2017).
Con questo atto il governo Gentiloni ufficializza un vero paradosso istituzionale chiaramente riesumando il principio della religione di stato: i cappellani cattolici sono "figure autonome rispetto all’organizzazione militare” ma mutuano da essa i medesimi trattamenti economici di grado.
L'arretratezza del provvedimento è palese se si pensa che il principale cappellano di Garibaldi fosse protestante e che nel 1915 il generale Cadorna riconobbe, oltre ai cappellani cattolici, anche alcuni evangelici ed ebrei. Persino durante il regime fascista non si arrivò al confessionalismo contemporaneo: seppure avversati dal clero cattolico, ed esigui per ragioni di coscienza, erano presenti cappellani evangelici (G. Rochat, I cappellani valdesi, Torino, Claudiana 1996).
Il quadro normativo italiano in tema di cappellania risulta addirittura stravagante se si guarda a quanto in esso previsto in relazione alla Croce Rossa, l'organizzazione nata per iniziativa dall'evangelico Henry Dunant (uomo del Reveil svizzero e primo premio Nobel della storia) proprio negli stessi anni in cui Papa Pio IX era impegnato a condannare persino "le società di mutuo soccorso" (Enciclica Quanto Conficiamur, Pio IX, 10 Agosto 1863). Ebbene, la Croce Rossa, da sempre improntata al pluralismo nei suoi principi statutari, in Italia ha dovuto ingoiare la forzatura di vedere riconosciuti solo cappellani cattolici e previo "nulla osta dell'Ordinario Militare" (art. 1646, D.lgs. n. 66 del 2010).
In definitiva la figura del cappellano militare continua tuttora a essere riservata nel nostro ordinamento solamente a “sacerdoti cattolici” (art. 17, D. lgs n. 66 del 2010), i quali soltanto risultano essere organicamente integrati nell’organizzazione militare con costi completamente a carico di quest’ultima, quindi di tutti i contribuenti. Per i militari di altri culti non è previsto un analogo servizio di assistenza spirituale stabile ma solo la possibilità di ricevere l’assistenza di propri ministri (art. 1471, co. 1, 4), chiamati quindi a svolgere un servizio volontario su richiesta dei singoli fedeli. Va ricordato che alla luce delle recenti restrizioni sui requisiti, essere riconosciuto ministro di culto resta impresa ardua e quasi impossibile per le confessioni senza intesa.
Lo sfondo è sempre quello della Legge 512/1961 secondo la quale l'assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato "ha il compito di integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze Armate stesse” (art. 1, comma 1).
Roma (lausanne.org; AEI), 23 febbraio 2018 – In un’intervista del 2006, Billy Graham dichiarò di sperare che l’eredità più duratura del suo lavoro potesse restare il risultato del Congresso di Losanna del 1974. Oggi il Movimento di Losanna è un’opera a carattere globale che nel corso degli anni ha influenzato la rotta dell’evangelizzazione contemporanea coinvolgendo milioni di persone in tutto il mondo e catalizzando risorse ed energie in direzioni condivise.
Questo risultato è stato possibile grazie alla lungimiranza e all’intuito spirituale di Graham che, accompagnando la sua passione evangelistica con un certo rigore teologico dato anche dalla costante collaborazione con John Stott, già dal 1955 cominciò a lavorare per radunare leader che potessero avere una visione comune e chiara sulle sfide dell’evangelizzazione per la chiesa contemporanea. Su questa scia nel 1974 fu organizzato un congresso di portata internazionale a Losanna denominato Congresso Internazionale sull'evangelizzazione mondiale destinato a cambiare la rotta dell’evangelismo anche del nuovo millennio. Nel luglio 1989 si tenne a Manila, nelle Filippine, un secondo Congresso di Losanna, da cui scaturì il Manifesto di Manila redatto da Stott.
Il Terzo Congresso di Losanna sull'evangelizzazione mondiale svoltosi nell'ottobre 2010 ha riunito 4.000 leader evangelici invitati da 198 nazioni a Città del Capo, in Sudafrica, L'essenza di quello a cui sono stati chiamati i partecipanti è stata catturata nell'impegno di Città del Capo che è una confessione di fede e un invito all'azione.
Graham non partecipò al terzo Congresso, ma in un fax inviato ci tenne a ricordare ai partecipanti che negli ultimi trentasei anni il mondo era molto cambiato: politicamente, economicamente, tecnologicamente, demograficamente e anche religiosamente, ma che alcune cose non cambieranno mai fino a quando il Signore non ritornerà: il bisogno di essere riconciliati con Dio e di sperimentare il Suo amore, il suo perdono e il suo potere di trasformazione; non è cambiato il Vangelo, e non è cambiato il comando di andare in tutto il mondo e proclamare quel Vangelo, esortando uomini e donne ovunque a mettere la loro fede in Gesù Cristo come Salvatore e Signore.
Roma (AEI), 26 febbraio 2018 – Nella sua ricca eredità spirituale, Billy Graham ha anche lasciato numerosi libri che raccolgono i testi delle sue predicazioni o affrontano temi legati al suo ministero di evangelista. Ecco una breve carrellata di titoli:
Per le Edizioni Centro Biblico:
Pace con Dio; Come ottenere pace con Dio; Mondo in fiamme; Angeli, agenti segreti di Dio; L’ora della decisione.
Per le Edizioni Uomini Nuovi:
La ragione della mia speranza; Speranza per i cuori affranti; Verso i monti. Meditazioni bibliche per ogni giorno; Avviso di tempesta; Lo Spirito Santo; Già si sente il fatale galoppo dei quattro cavalieri dell’Apocalisse; Il manuale dell’operaio cristiano; Nascere di nuovo; Avvicinarsi a casa.
Così come sono. L’autobiografia di Billy Graham.
Edizioni CLC
Pescatori di uomini
Per onorare la memoria di Graham è stato aperto un canale televisivo interamente dedicato a lui. Il Billy Graham Tribute Chanel sulla piattaforma SiriusXM, canale 145, trasmette le registrazioni dei messaggi di Billy Graham.
Ripubblichiamo una recensione di Pietro Bolognesi al volume di Billy Graham, Così come sono. L’autobiografia di Billy Graham, Marchirolo, EUN 2000, pp. 653. Tratto da Studi di teologia NS XIV (2002/1) N. 27, pp. 106-108.
Billy Graham (1918-2018) non ha bisogno di presentazione. E’ molto noto all’interno del mondo evangelico e anche al suo esterno molti identificano il mondo evangelico proprio con lui. In questa autobiografia l’A. traccia l’itinerario della propria vita, ma offre anche uno spaccato del mondo evangelico visto da uno dei suoi più noti esponenti. Essa va ad aggiungersi alle biografie esistenti (J. Pollock 1966; Marshal Frady 1979; W. Martin 1981, la migliore; quella di Patricia Cornewell su Ruth Graham 1997) e consente un’utile integrazione. L’editore va dunque felicitato per aver messo a disposizione del pubblico italiano un volume rilegato di più di seicento pagine che mantiene sostanzialmente le caratteristiche dell’edizione inglese. Diversi errori potevano essere evitati come la traduzione del titolo di giornali ed istituzioni (Christianity Today diventa Cristianesimo oggi; Christian Century diventa il Secolo Cristiano, il Southern Baptist Seminary diventa la Facoltà battista meridionale; la All Souls diventa la chiesa di Tutte le anime!) e la resa un po’ cattolica di certe espressioni. Inoltre avrebbe potuto essere mantenuto l’indice finale dei nomi e dei luoghi per un miglior utilizzo del testo, ma questo non inficia l’importanza dell’impresa.
Alcuni potrebbero forse chiedersi perché l’A. non ha fornito maggiori spiegazioni su avvenimenti così importanti per l’evangelicalismo mondiale come il Congresso di Berlino e di Losanna. Altri avrebbero forse desiderato trovare maggiori elementi sulla nascita e sul significato di organismi come il Fuller Theological Seminary in cui Billy Graham ha avuto un ruolo molto importante. Cinquant’anni non sono pochi e Billy Graham ha partecipato a molti momenti significativi del mondo evangelico. Per questo un libro come questo stimola una riflessione su questo periodo della storia evangelica e merita grande considerazione. Billy Graham offre infatti l’opportunità d’individuare forze e debolezze non solo di un personaggio, ma anche di un fenomeno come quello evangelico con cui è intrecciata la sua vita.
I punti di forza sono numerosi. Attraverso il messaggio evangelistico di Billy Graham milioni di persone hanno potuto ascoltare l’Evangelo. Libri come Pace con Dio o Soffia vento di Dio, per citare solo due titoli, sono stati tradotti in moltissime lingue. Le sue campagne evangelistiche, le sue trasmissioni, le sue iniziative hanno permesso a molte persone d’avvicinarsi al messaggio dell’Evangelo. Billy Graham è anche stato un catalizzatore delle forze evangeliche.
Pur non essendo un intellettuale, ha svolto un ruolo di primo piano nel promuovere la crescita culturale degli evangelici proteggendo gli studiosi dalle endemiche pieghe dell’antintellettualismo e favorendo il loro lavoro nelle varie istituzioni. Come catalizzatore delle varie risorse, ha permesso la transizione dal fondamentalismo delle origini all’evangelicalismo. Il suo ministero mostra che non basta “vincere le anime, ma che bisogna convertire le menti”.
Attraverso il suo ministero Billy Graham ha avuto contatto non solo con la gente comune, ma anche con le personalità più note del mondo politico, religioso, sociale, non solo nel suo paese d’origine, ma anche in moltissime altre parti del mondo. Si può così affermare che anche attraverso di lui gli evangelici hanno ottenuto maggiore visibilità. Se si è parlato di loro con un certo rispetto, lo si deve anche all’impatto di questo evangelista che ha rotto un certo isolamento nei confronti del «mondo».
Il suo itinerario lascia però anche trasparire punti di debolezza. Il primo riguarda il carattere un po’ individualistico del suo messaggio. La sua organizzazione paraecclesiale ha avuto un impatto importante, ma questo è spesso avvenuto a scapito della dimensione ecclesiale. A questo va evidentemente collegato l’orientamento aconfessionale delle «campagne evangelistiche» che ha contribuito a indebolire la coscienza storica e non ha sempre consentito d’avere ben presente lo spessore degli interlocutori.
Un altro elemento di debolezza sembra essere il carattere «spirituale» del suo impegno. E’ possibile frequentare un così alto numero di presidenti degli Stati Uniti accontentandosi d’interagire solo sul piano “spirituale”? Quale senso hanno realmente avuto i contatti con gli alti personaggi del potere? L’accento necessario sulla conversione non ha forse favorito la frammentazione nell’approccio alle questioni? La proiezione verso la salvezza individuale è andata di pari passo con una specie d’insensibilità culturale con conseguenze non trascurabili. Si capisce perché la questione dello spessore culturale di buona parte dell’evangelismo americano costituisca un argomento dibattuto tra le persone più avvertite.
Quando Billy Graham tentò di realizzare una «campagna d’evangelizzazione» in Italia, ci fu chi sollevò alcune obiezioni, ma il libro non offre risposte neppure ora a tali interrogativi. Avrebbe avuto senso una «campagna d’evangelizzazione» in una paese come l’Italia senza aver chiara la situazione del cattolicesimo romano? L’eco di una conversazione tra l’evangelista e Giovanni Paolo II lascia aperti molti interrogativi. Va bene per aggiungere una fotografia ad un album fotografico, ma non si ha l’impressione che in tale occasione sia stato svolto un vero e proprio ministero d’evangelista. Avrebbe avuto senso una «campagna d’evangelizzazione» in Italia senza rendersi conto della posta in gioco sul piano culturale?
Da un lato si ha l’impressione di una strategia segnata da molta intraprendenza, dall’altro vi sono questioni solo sfiorate da Billy Graham. Un lato della medaglia sembra estremamente brillante, l’altro sorprendentemente semplicistico. Questa è forse una caratteristica americana diffusa, ma è possibile, per un credente, andare al di là di certi condizionamenti culturali? Il giudizio storico su Billy Graham deve attendere, ma questo libro offre l’occasione per una riflessione e potrebbe anche dar luogo a un Seminario per discutere del periodo 1950-2000 per il mondo evangelico. Quali sono stati i cambiamenti più significativi e quali dovrebbero essere le prospettive per il futuro? Il libro non risponde a molte questioni del lettore, ma dà un’idea delle preoccupazioni e delle benedizioni di un uomo che pregava «credendo in fondo all’anima che Dio avrebbe benedetto e onorato la sua Parola se l’avessi predicata fedelmente».
In questa nuova rubrica presentiamo una scheda su ciascun documento contenuto nel volume Dichiarazioni evangeliche II. Il movimento evangelicale 1997-2017, a cura di Pietro Bolognesi, Bologna, EDB 2017.
Un patto per il XXI secolo
Roma (AEI), 26 febbraio 2018 – Anche questo documento è frutto di un’iniziativa tenuta per marcare l’inizio del nuovo millennio. L’agenzia AD 2000 and Beyond, animata dall’evangelista Luis Bush, organizzò una conferenza internazionale al termine della quale fu rilasciato il Manifesto del Millennio. L’idea fu che un passaggio epocale come il cambiamento di millennio necessitasse una riaffermazione dei valori fondamentali dell’evangelo e la presa in carico delle sfide contemporanee per la testimonianza evangelica globale. Per andare avanti è bene sapere da dove si viene, cosa si crede, per cosa si vive e dove si vuol andare, sotto la direzione del Signore.
In venti agili capitoli il Manifesto riassume i capisaldi della fede biblica incentrata sulla confessione del Dio trino, l’evangelo da annunciare e vivere, la missione da svolgere, l’equipaggiamento spirituale e ministeriale da procacciare ed estendere a tutti i cristiani, la realtà del conflitto spirituale, la persecuzione a cui prepararsi e l’unità tra i credenti da manifestare e perseguire.
Le sfide davanti alla chiesa vengono individuate nell’impegno incessante alla preghiera e alla richiesta di un tempo di risveglio, la valorizzazione della chiesa maggioritaria (del Sud del mondo), l’attenzione ai poveri e ai bisognosi, l’onore da rendere al servizio delle donne, l’incoraggiamento dei leader giovani e la costruzioni di partnerariati globali al servizio della missione e della diaconia.
L’Assemblea federale dell’Alleanza Evangelica Italiana è fissata per
sabato 26 maggio 2018, ore 9.30 a Roma.
Luogo e programma saranno comunicati tra breve
A cura dell’Ufficio stampa dell’Alleanza Evangelica Italiana
Tel. redazione: (+39) 333 8558174
e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
www.alleanzaevangelica.org
Redazione: Lucia Stelluti, Chiara Lamberti, Leonardo De Chirico, Giovanni Marino, Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Carine Francq.
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