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Contro l'inquinamento a Taranto

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    Attualità Italia

Per l'AEI è una questione (anche) spirituale

Nel libro del Levitico è scritto più volte che la terra ha bisogno di riposo. Questa affermazione oggi è una parola più che mai profetica, un imperativo che riecheggia sempre più sostenuto nelle nostre coscienze addormentate, come l'espressione di un gemito e di un travaglio che richiama violentemente ogni credente ad interrogarsi sulle proprie responsabilità.

Nel 1996 un notevole numero di responsabili evangelici sottoscrissero a Filadelfia una dichiarazione sulla salvaguardia della creazione affermando: “Siccome attendiamo il tempo in cui la creazione che geme sarà pienamente restaurata, ci impegnamo a lavorare vigorosamente per proteggere la creazione per l'onore e la gloria del Creatore…Dimenticando che all'Eterno appartiene la terra, noi abbiamo spesso sfruttato la creazione e dimenticato la nostra responsabilità di prendercene cura”, e ancora, “…Ci impegnamo ad operare per politiche responsabili che facciano propri i principi biblici dell'amministrazione della creazione” (in P. Bolognesi, a cura di, Dichiarazioni evangeliche, Bologna, EDB 2007).

Oggi, grazie a Dio, le nostre chiese in Italia stanno prendendo coscienza del problema per mezzo di diverse iniziative di sensibilizzazione. Fra queste iniziative rientra l'adesione alla marcia contro l'inquinamento che si è svolta a Taranto il 28/11/2009.
L'AEI è stata una delle prime organizzazioni ad aderire invitando le chiese pugliesi alla riflessione sull'argomento e alla sensibilizzazione dei singoli membri per aderire alla manifestazione. Tutto questo perché a Taranto si vive una situazione molto difficile: i giornali hanno parlato spesso del fatto che in questa città viene prodotto circa il 90% della diossina emessa sull'intero territorio nazionale, una quantità pari ad almeno tre volte quella che si è liberata a Seveso nel disastro del 1976.
Il 05/11/2009, inoltre, a Roma si è svolto un convegno nazionale dal titolo “Imprese, diritti umani e ambiente”, promosso da Amnesty international, Greenpeace e l'Università Roma 3, in cui è stato presentato anche il caso Taranto. Nella città dei due mari, infatti, ha sede un complesso industriale che occupa una superficie sovrapponibile a quella della stessa città, comprendente l'ILVA, l'acciaieria più grande d'Europa, il cementificio CEMENTIR e la centrale dell'ENI, destinata, tra l'altro, ad essere ampliata.
Di questo scempio oggi si raccolgono i frutti: aumento dell'incidenza di malattie croniche su base immunitaria e neoplastica, in particolare nei bambini, uccisione di animali perché contaminati da diossina e inquinamento dei terreni agricoli.

La marcia è stata pacifica e non schierata politicamente, come previsto. Hanno marciato contro l'inquinamento numerose persone e associazioni: dagli asili nido all'Ordine degli Avvocati della città, dai pediatri agli allevatori, dalle scolaresche agli operai.
Anche se è stata visibile la partecipazione dell'AEI, della Chiesa Battista di Mottola e della chiesa Valdese di Taranto, certamente diversi credenti hanno partecipato individualmente rispondendo all'invito.
Comunque, la marcia è stata un' importante testimonianza. Siamo consapevoli di avere una responsabilità sociale già pienamente riconosciuta nel Patto di Losanna del 1974: “…esprimiamo il nostro pentimento sia per la nostra negligenza sia per avere, talvolta, considerato l'evangelizzazione e i problemi sociali come entità reciprocamente esclusive”, e in questa specifica circostanza anche la popolazione ha potuto realizzare che c'è una presenza cristiana seriamente interessata al bene della città e alla salvaguardia del creato.

Emanuele De Gasperis

Roma, 3 dicembre 2009

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