Per la tutela responsabile della maternità

Una dichiarazione della Commissione etica e società dell’AEI

La “Commissione etica e società” dell’Alleanza Evangelica Italiana segue con interesse il dibattito apertosi nella Regione Lazio e, considerato il tema sensibile, estesosi a tutto il territorio nazionale, relativo alla proposta di legge regionale (Regione Lazio) n. 21 (26/6/2010) su “Riforma e qualificazione dei consultori familiari”.

La legge 194 del 1978 esplicita come proprio obbiettivo la “tutela sociale della maternità” e la disciplina dell’interruzione volontaria della gravidanza. I punti chiave della legge sono che i consultori devono informare le donne sui loro diritti, aiutandole a superare le cause che le inducono all’aborto, e che l’aborto possa avvenire entro i primi novanta giorni di gravidanza. Dopo questo termine, l’interruzione è ammessa solo se la salute della donna è in pericolo o se il feto presenta “rilevanti anomalie o malformazioni”.

Molta attenzione si è negli anni concentrata sulla seconda parte della legge che regola le modalità dell’aborto. Tale concentrazione ha indubbiamente abbattuto la pratica degli aborti clandestini, molto pericolosi per la salute. È altrettanto noto come la prima parte della legge sulla tutela sociale della maternità sia stata la più disattesa e trascurata, rimanendo per molti versi sulla carta, soprattutto in termini di risorse messe a disposizione della maternità e dell’aiuto alle famiglie in difficoltà. Questa prima parte andrebbe applicata con maggiore decisione per dare concretezza alla “tutela sociale della maternità”. In questa direzione, una funzione utile per bilanciare le diverse istanze può senz’altro essere svolta dai consultori previsti dalla legge. Come si esprime di documento del Centro studi di etica e bioetica di Padova, la direzione auspicabile è “il potenziamento dei consultori che sono il luogo in cui la il valore della tutela della maternità incontra le specificità delle persone coinvolte alla luce delle situazioni concrete in cui si trovano” (“Aborto. Un documento del Centro studi di etica e bioetica”, Studi di teologia – Suppl. n. 6, 2008).

Qui non siamo in presenza di una proposta di legge nazionale, ma regionale. Eppure, il valore simbolico e la rilevanza culturale di un tale provvedimento potrebbero, se approvato, ispirare in futuro anche il legislatore nazionale. Alla luce del nostro esame del documento, affermiamo quanto segue:

  • La proposta di legge regionale n. 21/2010 è un modo per dare attuazione alla “tutela sociale della maternità” mediante la valorizzazione dei consultori familiari che sono spronati ad essere luoghi di dialogo, interlocuzione, confronto, “consultori” appunto, e non solo sedi notarili e burocratiche dove non si fa altro che dare esecuzione a decisioni considerate come definitive. Per questa ragione, auspichiamo una discussione approfondita e l’approvazione conseguente del provvedimento. Non si tratta di disarticolare l’equilibrio della 194, ma di implementarla in modo integrale, cosa che, sin qui, è avvenuta solo in parte.
  • Il valore sociale riconosciuto alla famiglia, fortemente richiamato nella proposta di legge, è quello che anche la Costituzione italiana le riconosce (artt. 29 e 31). Un servizio pubblico deve dar corso al dettame costituzionale che prevede che la Repubblica protegga la maternità, nel rispetto delle decisioni della donna e secondo i criteri stabiliti dalla 194. Dar corso alla promozione della maternità in questo modo non equivale all’imposizione di uno “stato etico”. La maternità non deve essere idealizzata, sapendo che in alcuni casi essa si verifica al di fuori di progetti di coppia e con delle prospettive mono-parentali. In questi casi, lo stato non deve colpevolizzare o marginalizzare, ma offrire pari opportunità e medesimo rispetto per le decisioni della donna.
  • Particolarmente importante è il ruolo che la detta proposta di legge affida ai consultori nella cui attività possono contribuire soggetti diversi ed interessati, sia all’interno dei consultori gestiti dal pubblico sia all’interno di consultori “privati” accreditati. Non ci pare che il contributo di corpi intermedi come associazioni e organismi espressione della società civile, all’interno di un servizio regolato pubblicamente, sia un’interferenza del “privato” e un appalto esterno di un servizio così delicato. Al contrario, auspichiamo la collaborazione tra soggetti diversi all’interno di un servizio pubblico importante e delicato come quello del consultorio. Sappiamo che questa apertura ai consultori accreditati sarà un’occasione per l’associazionismo cattolico di attivarsi. Questo è del tutto legittimo. Tuttavia, l’eventuale attuazione della legge deve salvaguardare il pluralismo degli interventi e dei soggetti partecipanti. Ci sono altri soggetti d’ispirazione confessionale (evangelica, ad esempio) o culturale diversa da quella cattolica cui dovranno essere garantite pari opportunità e pari dignità. Siccome si prefigura anche l’accesso a fondi pubblici, l’uso di risorse pubbliche deve sempre avvenire nella massima trasparenza e correttezza. L’accreditamento non può diventare un lasciapassare privo di rendicontazione. Si dovrebbero pertanto prevedere forme di controllo e di governance tali da garantire la giustizia e l’equità nell’utilizzo di risorse pubbliche.
  • Il dibattito suscitato da questa proposta ha assunto toni ideologici da crociata, con parte del fronte laico apertamente schierato in senso contrario ed in modo militante. Se ci è concessa un’analogia, osserviamo come le parti facilmente si invertano, ma il vizio di fondo rimanga. Ad esempio, sulla discussione in merito al testamento biologico, parte dell’opinione pubblica d’ispirazione cattolica ha assunto posizioni contrarie similmente ideologiche, paventando scenari eutanasici o cedimenti alla vituperata “cultura della morte”. Ora le parti si rovesciano a spese della costruttività del dibattito e del perseguimento di un valore importante come la tutela della maternità. Respingiamo entrambi gli approcci in quanto viziati da concezioni riduttive delle questioni dibattute. Per noi l’impianto di questa proposta di legge si colloca nella linea d’equilibrio della 194.
  • Più in generale, desideriamo contribuire a superare le rigidità del dibattito bioetico che vede il “culto” della vita (biolatria) contrapposto al “culto” dell’autodeterminazione individuale (egolatria). La prima estremizza l’oggettività della vita, la seconda la sua soggettività. Entrambi “divinizzano” un aspetto della realtà stravolgendola. Il loro idolo è diverso e apparentemente opposto, ma il meccanismo della loro contraffazione è il medesimo. Entrambi sono da respingere. Vogliamo invece essere portatori di una cultura della vita e della responsabilità personale che non si accontenta di elevare un aspetto a scapito dell’altro, ma è in grado di metterli in relazione per affrontare in modo molto più adeguato le sfide poste dalla bioetica.

Roma 26 settembre 2010

Commissione etica e società
Alleanza Evangelica Italiana