A seguito della notizia dell’imminente chiusura di un locale di incontro per il culto evangelico a Palazzolo (BS) dovuta alla diversa destinazione d’uso dello stesso,
L’AEI esprime viva preoccupazione per le difficoltà che ancora oggi incontra in Italia l’esercizio del diritto umano fondamentale alla libertà religiosa, nella sua dimensione esterna, associativa e pubblica. Si tratta di un diritto di libertà sancito tanto a livello costituzionale (art. 19 della Costituzione Italiana), quanto a livello internazionale (ad es. art. 9 c. 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), che in quanto fondamentale, spetta a tutti, cittadini e non (art. 2 Costituzione Italiana).
Il diritto di professare liberamente la propria religione è inoltre strettamente collegato alla strumentalità e alla disponibilità delle libertà in materia di edifici di culto. È però nell’intersezione tra principi solenni e procedure amministrative che le criticità e le contraddizioni emergono con forza.
Se la Costituzione e tutti i principi del diritto nazionale e internazionale proteggono la libertà religiosa, perché non tutti hanno diritto ad avere un luogo dove pregare e professare il proprio culto? Perché non si riconosce (operativamente) che lo spazio per il culto e la preghiera - si chiami moschea o sinagoga, chiesa o tempio - è uno degli strumenti centrali per la promozione umana e democratica in un paese? E ancora, perché quasi tutte le infrastrutture religiose sono ad esclusivo appannaggio della confessione di maggioranza? Perché gli strumenti urbanistici (o in certi casi la mancanza degli stessi) discriminano pesantemente il godimento della libertà in materia da parte delle confessioni religiose minoritarie dei gruppi religiosi di più recente insediamento?
Di fatto, la mancanza di spazi adeguati per l’esercizio del culto “non cattolico” crea diffuse situazioni di disagio e - a nostro parere - problematizza in modo molto pesante il diritto a professare la propria fede religiosa.
Per questi motivi, l’AEI
Roma, 9 novembre 2011