Ideaitalia - Nuova serie, Anno IV · n. 35 · 1 settembre 2020

“Tempo del Creato”, ma l’agenda è ecumenica?

Si apre oggi l’iniziativa a favore del creato

Roma (AEI), 1 settembre 2020 – Si apre oggi l’iniziativa ecumenica “Tempo del Creato” (1 settembre- 3 ottobre) della quale il network Lausanne/WEA Creation Care si fa promotore da alcuni anni partecipando al comitato globale organizzatore nella figura di Dave Bookless, catalyst per il network di Losanna e direttore teologico dell’organizzazione ROCHA International. Come da lui stesso dichiarato nella presentazione del tema annuale “Jubiliee for the Earth” e la rispettiva Guida per la celebrazione del 2020, la sua partecipazione al Comitato è avvenuta in rappresentanza degli evangelici. La celebrazione resa ufficiale da Papa Francesco nel 2015, raccoglie al suo interno iniziative precedenti nate in seno al Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC) e ha come obiettivo quello di rinnovare la relazione con il Creatore e il creato “attraverso la celebrazione, la conversione e l’impegno insieme”, che unisce “fratelli e sorelle nella famiglia ecumenica nella preghiera e nell’azione per la nostra casa comune”. Il programma dell’evento e la guida che lo presenta esprime chiaramente i suoi caratteri prettamente ecumenici nella cornice più ampia del progetto di una cattolicità globale.

Si parla di preghiera comune e di liturgia comune ma non c’è al suo interno alcun contributo che sia marcatamente evangelico. Le preghiere proposte come il Rosario ecologico e la Preghiera per il Tempo del Creato, il programma di apertura per il Servizio di preghiera ecumenico non esprimono nulla della visione del mondo biblica, segno distintivo della fede evangelica e della sua relazione con il mondo di Dio. Dov’è il messaggio della creazione e della provvidenza divina, della caduta nel peccato a causa della disubbidienza dell’uomo a Dio, della redenzione possibile solo per mezzo dell’opera di Cristo alla croce e per la fede in lui e la nuova creazione che seguirà il giudizio definitivo di Dio? È triste osservare l’assenza quasi assoluta della comprensione e confessione del peccato umano che è la questione centrale da affrontare per dare alla terra un vero giubileo e un vero rinnovamento. A questo si aggiungono i rimandi continui all’enciclica papale Laudato sì e l’assenza assoluta dalle numerose dichiarazioni evangeliche sul tema della relazione con il mondo creato (dal 1980 ad oggi).

Il popolo evangelico nella sua storia contemporanea non è stato insensibile a questi temi e li ha affrontati sempre alla luce del messaggio della Scrittura incoraggiando le chiese locali e i credenti a viverli con consapevolezza. Che ne è delle dichiarazioni di Hoddesdon (1980) e di Chicago (1986), del Forum per l’ambiente (1992), della Dichiarazione di Oxford (1994) e di Filadelfia (1996), della Dichiarazione sulla cura del creato (2008) dell’Impegno di Città del Capo (2010) e dell’appello dalla Giamaica (2012) – tutti documenti contenuti nei volumi di Dichiarazioni evangeliche I e Dichiarazioni evangeliche II? Rappresentare gli evangelici non vuol dire occupare un posto in un comitato ma rappresentare le istanze dell’Evangelo. (GP – LS)


 “Nella cura del creato, bisogna esercitare discernimento”

Una nota del Consiglio Esecutivo Federale dell’Alleanza Evangelica Italiana

Roma (AEI), 1 settembre 2020 – Avendo preso visione del programma dell’iniziativa “Il tempo del creato”, il Consiglio Esecutivo Federale dell’Alleanza Evangelica Italiana, incoraggiando tutta la chiesa a pregare, meditare ed esercitare discernimento spirituale per dare una risposta responsabile sulla base della Parola di Dio rivelata:

  • Appoggia ogni iniziativa del popolo evangelico volta alla comprensione del piano di Dio per la Sua creazione, alla confessione del proprio peccato e delle proprie responsabilità, allo sviluppo di iniziative educative, sociali, politiche e imprenditoriali volte a vivere la relazione con il creato secondo le esigenze dell’Evangelo, in vista della speranza di Cristo che disse: “Io farò ogni cosa nuova”!

  • E’ grato per i documenti evangelici già stabilmente parte del pensiero evangelico contemporaneo sul tema del creato e della cura per la creazione, come ad esempio: “Dichiarazione sulla cura del creato” (2008) e l’Appello dalla Giamaica (2012).

  • Sostiene iniziative di co-belligeranza per un fine comune e condiviso (da organismi religiosi e/o secolari) volte alla cura e allo sviluppo del creato, anche laddove la fede e la visione del mondo dei soggetti coinvolti siano diverse.

  • Prende le distanze dall’iniziativa ecumenica del network Lausanne/WEA e non si considera rappresentata in quanto crede che non sia né possibile né biblico unirsi nella preghiera a Dio con uomini e donne che professano una fede diversa da quella evangelica che ha nel Dio trino della Bibbia il suo solo Autore, Salvatore e Signore.

  • Incoraggia gli organismi evangelici coinvolti ad esercitare discernimento per non scivolare gradualmente in una progettualità ecumenica che va ben oltre la cura del creato e le invita a non confondere la giusta attenzione per il creato con un’iniziativa ecumenica.


Difendere la libertà religiosa di un islamico per vederla garantita per tutti

Un gioco di ruolo per essere pluralisti senza diventare relativisti

Roma (AEI), 1 settembre 2020Parole sconcertanti” scrive Giovanni Giacalone, cronista de Il Giornale nel riferirsi ad alcune affermazioni postate dal segretario generale dell'UCOII, il marocchino Yassine Baradei. Baradei ovviamente è un islamico, a capo di una delle maggiori associazioni musulmane presenti nel nostro paese. Lo scandalo - a detta di Giacalone – consisterebbe nell’aver definito “ebraismo” e “cristianesimo” come eresia. Giacalone continua argomentando che “tali affermazioni non possono non destare perplessità considerato che vengono da una persona che ricopre un ruolo di primo piano presso un'organizzazione islamica che si è più volte detta aperta al dialogo interreligioso”.

Sinceramente, come evangelico, non capisco quale sia la notizia. Giacalone è certamente un bravo giornalista che ha sfornato numerosi articoli interessanti, oltretutto conosce bene l’Islam avendo svolto in Galles un master proprio sulla religione di Maometto. Giacalone forse si aspetta che un musulmano consideri necessariamente “fratelli” sia i cristiani che gli Ebrei? Vorrebbe che ogni visione religiosa adotti quella “fraternità universale” - tipica della postura cattolico-ecumenica - per la quale tutte le strade portano a Dio seppure in modi diversi? Se è così, l’intenzione è chiaramente manipolatoria perché interviene a gamba tesa nel territorio di ciò che una persona pensa e crede nel suo profondo.

Da evangelico, difendo la libertà religiosa di un islamico - o di altre visioni del mondo - di pensare e credere persino ciò che non condivido. Allo stesso modo vorrei che sia difeso sempre il mio diritto di poter credere fermamente ed affermare che solo in Cristo è la salvezza “perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”, di poter dire senza mezzi termini che l’Islam o l’Ebraismo non portano al vero Dio, uno e Trino rivelato nell’intera Scrittura, o anche chiarire che nel cosiddetto “cristianesimo” sono contemplate confessioni lontane dal Vangelo e dalla salvezza in Cristo perché intrise di paganesimo ed idolatria.

Se, al contrario, mi accodassi a Giacalone e ai tanti del “religiosamente corretto” allora oggi potrà toccare a Baradei, ma domani toccherà a me e a te, l’essere additato come “sconcertante” dai profeti di mielose imposizioni.

Sia chiaro: il problema non è Giacalone ma, come ha osservato di recente Lucia Stelluti , il fatto che il nostro Paese non ha ancora assimilato i principi di pluralismo, laicità e libertà attraverso i quali persone di visioni del mondo diverse - sbagliate o giuste che siano - possano esprimersi pure in profondo disaccordo gli uni con gli altri, senza che ciò pregiudichi la civile convivenza e il rispetto dovuto al prossimo in quanto persona.

Il Vangelo adeguatamente inteso costituisce certamente un pensiero forte perché ricevendolo pensiamo ed agiamo secondo le certezze che il Signore ci rivela: tra queste certezze che acquisiamo in Cristo Gesù c’è pure il rispetto del prossimo, la necessità impellente di evangelizzarlo senza mezzi termini e il chiaro rifiuto dell’universalismo e del relativismo religioso. In una società plurale possiamo vivere più liberamente queste verità senza compromessi o tentennamenti. (GC)


La Breccia di Porta Pia, 150 anni dopo

Una serie di iniziative evangeliche per fare memoria e rilanciare

Roma (AEI), 1 settembre 2020 – Nel 1870, il 20 settembre di centocinquant’anni fa, la Breccia di Porta Pia portò alla liberazione di Roma da un potere religioso che voleva anche essere politico. Dalla Breccia di Porta Pia in poi, Roma è diventata una città più libera (e anche la capitale d’Italia). Da quella “breccia” entrarono anche le Bibbie in lingua italiana. Finalmente, la Bibbia poté essere distribuita liberamente ai romani. Una delle contraddizioni di Roma era che, pur essendo conosciuta in tutto il mondo come una città molto religiosa, la Bibbia in italiano era vietata. Gli italiani non potevano avere accesso diretto e libero alla Parola di Dio. Da allora la Bibbia iniziò a circolare nelle case e le persone poterono finalmente leggerla per conoscere la Buona Notizia di Gesù Cristo.

Quella “breccia” fu anche il simbolo della speranza di un Paese libero e plurale, dove nessuna religione poteva impedire alle altre di esprimersi liberamente. Dalla “breccia” in poi, Roma ha avuto un’altra possibilità per scoprire cosa significa veramente essere una città libera. Dove la libertà religiosa non è garantita, infatti tutte le libertà sono strozzate.

In vista della celebrazione dei 150 anni dalla breccia di Porta Pia, la chiesa evangelica Breccia di Roma ha in cantiere una serie di iniziative per commemorare quella breccia e per rilanciare le istanze di una “breccia” dell’evangelo per l’Italia contemporanea:

Dal 18 settembre al 10 novembre 2020: Mostra documentaria “Da Breccia a Breccia” a cura di Linda Acunto, fotografa professionale già realizzatrice di importanti mostre su temi sociali e culturali. "Da Breccia a Breccia" è una mostra documentaria che racconta, attraverso l'esposizione di fotografie, riproduzioni, video, libri, l'episodio della Breccia di Porta Pia, non tanto e non solo come evento storico, ma anche in quanto simbolo di libertà e pluralismo. La Mostra si terrà presso i locali della chiesa Breccia di Roma, via di Sant’Eufemia 9.

Il 20 settembre 2020: culto evangelico all’aperto in una piazza di Roma per celebrare la libertà in Gesù Cristo e per pregare per la città di Roma e per l’Italia. In queste occasioni sarà distribuito l’opuscolo “Da Breccia a Breccia. 150 anni e oltre”. (LDC)


Cordoglio e affetto al fratello Vincenzo Paci

La scomparsa della moglie Giovanna

Roma (AEI), 1 settembre 2020 – Il Consiglio Esecutivo Federale dell’Alleanza Evangelica Italiana esprime le proprie condoglianze al fratello Vincenzo Paci di Catania per la recente dipartita della cara moglie Giovanna. Il fr. Paci è stato per alcuni anni coordinatore del Distretto Sicilia dell’AEI nonché referente della Commissione Missioni. Stringendosi con affetto cristiano a Vincenzo, il CEF ringrazia il Signore per la vita e la testimonianza di Giovanna che Lui ha voluto chiamare a Sé dopo averla salvata per sola grazia mediante la sola fede in Cristo Gesù, in attesa della resurrezione dei corpi in cui la gloria di Dio sarà manifestata pienamente. (CEF)

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A cura dell’Ufficio stampa dell’Alleanza Evangelica Italiana
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Redazione: Lucia Stelluti, Chiara Lamberti, Leonardo De Chirico, Giovanni Marino, Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Carine Francq.

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