Il presepe è la priorità della scuola?

Un comunicato del Comitato Insegnanti Evangelici Italiani

Roma (AEI), 15 gennaio 2019 – Riceviamo e volentieri pubblichiamo un comunicato del CIEI:

È salita agli onori della cronaca una vicenda che, di per sé, non ha nulla di rilevante, perché si inserisce in una prassi quotidiana che si verifica nella scuola ormai da molti anni a questa parte. Tuttavia, la questione sembra aver oltrepassato un limite di decenza che lascia costernati.

L’inizio della faccenda risale all’invito del neo Presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, affinché le scuole si apprestassero alle festività natalizie con l’allestimento del presepe. Fin qui, niente di nuovo.  Un semplice invito che le scuole avevano la libertà di valutare, secondo i criteri propri alla loro funzione. Un invito comunque che rientra nei novero di quei numerosi episodi di carente coscienza laica che troppo spesso bisogna segnalare nella nostra classe dirigente.

Una volta passato il periodo natalizio e riprese le lezioni, ecco che un solerte consigliere provinciale, Claudio Cia, avanza un’interrogazione per sapere quante e quali scuole avessero adempiuto all'invito del presidente Fugatti.  La motivazione di questa interrogazione non è ben chiara, e non sembra ravvisabile un qualsiasi scopo ascrivibile a tale richiesta, se non quello di esercitare un certo tipo di pressione, dal sapore di un  passato ormai stantìo. Il richiamo alle espressioni del Fugatti, e cioè che “Il presepe è un emblema spirituale che, nella sua semplicità, esprime valori universali di pace e di amore, in cui tutti possono ritrovarsi. Valori cristiani che sono indubbiamente alla base della cultura europea. Credo, pertanto, che nessuno possa sentirsi offeso o a disagio per la rappresentazione della Natività, anche se professa altre religioni” è molto opinabile, se non anche insopportabile per la sua ipocrita e melensa retorica. A questo punto la macchina burocratica si mette in azione e scatta la schedatura, tramite richiesta ufficiale inviata dalla Sovrintendenza a tutte le scuole del Trentino, tenute a indicare per  iscritto se avessero fatto il presepe oppure  no.

La vicenda a questo punto assume dei toni che, a nostro avviso, fanno pensare a un uso coercitivo del potere amministrativo che, pur nella sua discrezionalità, è tenuto ad attenersi ai termini di Legge.  

I protagonisti di questa vicenda sanno bene che la scuola italiana è pubblica, laica e multiculturale, che la religione vi entra in via surrettizia come “materia alternativa”, ma che in nessun caso essa può essere oggetto di attività didattiche al di fuori dell’orario consentito. Sanno che la storia culturale italiana (ed Europea) non è solo “cristiana”, ma è anche “pagana”, “atea”, “cattolica”, insomma plurale, perché tutte queste componenti hanno contribuito a fare la realtà attuale. Lo attestano i sempre  più numerosi studenti che non si avvalgono dell’IRC e la presenza intorno a noi di famiglie e comunità di altre religioni. Hanno fatto bene i presidi a sottolineare che le scuole oggi hanno ben altre priorità, le quali sono troppo spesso rinviate se non ignorate dalle autorità competenti.

E infine, una lancia spezzata per il povero presepe. Non eravamo stati informati che anche lui era diventato un “simbolo di pace e di amore”, credevamo invece che rappresentasse l’incarnazione del Figlio di Dio. Un Figlio che non è restato bambino, che non ha accettato compromessi con il male, che alle persone chiedeva: “Voi, chi dite che io sia?”. Non era e non è certamente un simbolo, ma una persona vera e crediamo che non avrebbe gradito per niente la strumentalizzazione che oggi molti ne fanno, per motivi non detti, tutt’altro che pacifici e amorevoli.

Lasciamo quindi che le scuole festeggino, se vogliono, secondo le loro modalità, rispettando la loro autonomia didattica e anche la libertà di insegnamento sancita dal dettato costituzionale, rispettando le convinzioni di ciascuno e senza imporre in via autoritaria di aderire a qualsiasi versione della fede e della storia.