Il crocifisso è simbolo di valori civili?

Una recente sentenza del Consiglio di stato ha stabilito che il crocifisso deve rimanere nelle scuole in quanto simbolo di valori civili quali la tolleranza, la fratellanza, ecc., che sono alla base della nostra convivenza. La sentenza è doppia perché gioca su due registri.

Da un lato, essa riconosce il valore confessionale della croce e, in ragione di questa valenza, un simbolo confessionale non potrebbe essere esposto in una scuola pubblica di uno stato laico. Dall’altro, però, e questa è la novità, attribuisce alla croce un significato civile che racchiude valori che sono condivisi da molti, a prescindere dalle convinzioni religiose, e che sono anche riflessi nella costituzione. Ed è per questa ragione che il crocifisso deve essere appeso nei luoghi pubblici. Secondo la sentenza, il crocifisso è di tutti in quanto parla simbolicamente di fratellanza e di tolleranza.

Con questo salto di argomentazione, il crocifisso assume un valore di “religione civile”, quella dei “valori” umanistici che anche gli “atei devoti” fanno propri. Una religione di valori senza il Dio della Scrittura, ma con al centro l’Io occidentale.

Questo ragionamento è criticabile per due motivi, tra gli altri. Primo, sul piano storico, può essere invertito tranquillamente. La croce è stato anche il simbolo di violenze, di sopraffazioni, di crociate, di guerre, ecc. Altro che tolleranza e fratellanza! Se passa questo tipo di ragionamento, esso può essere ribaltato con il risultato di mettere al bando la croce, in ragione proprio della religione civile!

Secondo, per i cristiani, la croce è “scandalo” e “pazzia” per i non credenti, ma è “potenza di Dio e sapienza di Dio” per i figli di Dio (1 Corinzi 1,23-31). Se si vuole ammansire la croce, renderla un simbolo “buonista”, si stravolge il suo significato. Per i non credenti, la croce è motivo di contraddizione, e tale deve rimanere se non la si vede nell’ottica del piano di Dio. E’ pericoloso che una corte di giustizia si metta a disquisire sul significato dei simboli cristiani e introduca una comprensione del tutto priva di sostegno biblico. La società italiana non ha bisogno di ipocrisie. O si rispetta la specificità religiosa del simbolo lasciando che siano le chiese che lo ritengono opportuno a servirsene, o si va alla ricerca di simboli civili senza infeudarsi in questioni religiose problematiche.

Probabilmente, la sentenza riflette una tendenza “neo-con” che si sta diffondendo in questa fase storica. In un’epoca di scontri di civiltà, rassicura riconoscersi in simboli della cultura occidentale, svuotandoli del loro significato vero e facendoli diventare feticci culturali. Intanto, così facendo, il privilegio confessionale della Chiesa cattolica ne esce rafforzato e per gli evangelici italiani non resta che continuare a fare una battaglia per una laicità compiuta.

Roma, 17 febbraio 2006

Past. Roberto Mazzeschi
Alleanza Evangelica Italiana
Vicolo S. Agata 20
00153 Roma