Olimpia Morato (1526-1555)

Olimpia Fulvia MorataDefinita "uno dei più rari e bei fiori del Vangelo in Italia", la nobile Olimpia Morato ebbe una vita breve ma intensa, segnata profondamente da una fede personale in Dio.

Suo padre, Fulvio Pellegrino Morato (1483-1548), fu un uomo di lettere e un educatore che aveva abbracciato le dottrine evangeliche, tanto da costituire circoli di persone interessate ad approfondire la conoscenza del Vangelo a Ferrara e a Vicenza.
Oltre all'interesse per la Parola di Dio, Pellegrino instillò nella figlia anche l'amore per la cultura classica. A 13 anni, Olimpia era già in grado di recitare a memoria in latino i Paradoxes di Cicerone. La sua fama di ragazza-prodigio e versata nelle lettere spinse la duchessa Renata di Francia, anch'essa vicina alle idee della Riforma protestante, a invitarla alla corte di Ferrara come compagna della figlia Anna.

L'amore per lo studio letterario e teologico portò Olimpia a considerare la passione per lo studio un modo per glorificare Dio. In un dialogo, scrisse: "Egli [Dio] mi diede queste inclinazioni, queste brame, quest'amore ardente per lo studio dal quale niente mai poté distogliermi. Quest'Iddio grande è invero il più eloquente degli oratori. Egli persuade senza parola, egli volge le menti come a lui piace e le conduce a suo beneplacito. Nulla opera a caso, ma tutto dispone con infinita saviezza. Sieno i miei deboli talenti rivolti alla sua gloria! Non soravvi per me più bella ricompensa! ... O Dio!

Inesausta sorgente di misericordia e di amore, dammi sapienza ch'è compagna della tua gloria! Ascrivimi nel numero delle tue serventi, perciocché io voglio a Te solo appartenere in questo breve numero di giorni che Tu m'hai assegnati sulla terra". Dopo essersi occupata del padre morente, tornò alla corte di Ferrara, ma le sue frequentazioni con persone vicine alla fede evangelica la rendevano sospetta. Olimpia, infatti, era in corrispondenza con la nobile Lavinia della Rovere, Vergerio (il vescovo cattolico d'Istria passato alla Riforma), e Celio Secondo Curione (un inquisito per eterodossia, che dovette scappare Oltralpe per sfuggire all'arresto).
La giovane s'interessò del processo per eresia di Fanino Fanini, implorando la sua liberazione e andando a trovarlo in carcere. Inoltre, frequentava alcuni luterani tedeschi che si trovavano a Ferrara. Uno di loro, il medico Andrea Grün-thler, s'innamorò di lei e, visto che l'amore era corrisposto, i due si sposarono nel 1549.
Per il suo matrimonio, Olimpia compose una preghiera in greco in cui si legge: "O Signore dall'immenso potere, Supremo fra tutti i signori, che formasti una stirpe maschile e una femminile, che al pri-missimo uomo donasti la sua compagna, onde mai la razza umana dovesse perire, e volesti che le anime dei mortali andassero in sposa a tuo Figlio, e che questi per lei desse la vita, concedi ora felicità e concordia ai nubendi, poiché Tu hai istituito l'amplesso nuziale".

Poco tempo dopo, Andrea Grünthler trovò lavoro a Schweinfurt, sua città natale, e portò con sé la moglie.

In un'occasione particolare, la fibra spirituale di Olimpia fu chiaramente manifestata. Il marito, infatti, ricevette un' allettante proposta di lavoro da parte del "cattolicissimo" Ferdinando d'Austria. Anche se si trattava della possibilità di ottenere una cattedra di medicina, Olimpia rispose al messo che aveva portato la lettera: "Apprezziamo molto la vostra generosa offerta e saremmo lieti di accettare, se non ci fossero ostacoli. Voi dovete sapere che noi militiamo sotto la bandiera di Cristo e non possiamo tradire ... Ho seguito mio marito oltralpe e sarei felice di viaggiare per terra e per mare, perché ogni terra è la nostra patria, purché non ci vengano imposti i riti romani".
Anche se lontano dall'Italia, Olimpia continuò a corrispondere con i suoi amici, inviando loro anche alcuni scritti di Lutero.

A Lavinia una volta scrisse: "La mia unica consolazione nell'essere lontana da te è che qui posso procurarmi dei libri di teologia".
Ad Anna, la sua amica d'infanzia, scrisse: "Il modo in cui Dio ha trasformato il mio cuore è stupefacente. Mentre una volta provavo avversione per la teologia, ora non c'è nulla che mi appassioni di più. Ricchezze, onori e favori dei re non sono nulla. Soltanto quella fede che noi abbiamo in Cristo può salvarci dalla morte eterna. Non basta conoscere la storia di Cristo: anche il diavolo la conosce. Deve essere quel tipo di fede che è attiva nell'amore".
Purtroppo, la città di Schweinfurt fu al centro di sanguinose battaglie tra le truppe di Alberto di Brande-burgo e la lega tra le città di Norimberga, Bamberga e Würzburg.

Molti mesi di assedio della città costrinsero Olimpia e la sua famiglia a fuggire a Heidelberg. Nonostante la precarietà, Olimpia si rimise in contatto con Vergerio per chiedergli di tradurre il Grande catechismo di Lutero, che sarebbe stato di grande utilità "ai nostri italici, specialmente alla gioventù".
Come molti altri, anche lei si ammalò di tubercolosi e morì in quella città il 26 ottobre 1555 all'età di 29 anni. Pochi mesi dopo, morirono anche il marito e il fratello minore, che li aveva seguiti. Nella concitazione della fuga, i suoi scritti (lettere, dialoghi, poesie, traduzioni di salmi, ecc.) andarono persi, anche se l'amico Curione riuscì a raccoglierne una parte e a pubblicarli. Ancora oggi essi suscitano ammirazione per la profondità d'animo e lo spessore intellettuale di questo "bel fiore" del Vangelo in Italia.

Bibliografia
• JEAN BONNET, VITA DI OLIMPIA MORATO, Torino, Claudiana 1870.
• MARIO CIGNONI, "Il pensiero di Olimpia Morato nell'ambito della Riforma protestante", Atti dell'Acca demia delle Scienze di Ferrara, vol. 60-61, 1982-83, 1983-84.
• ROLAND BAINTON, "Olimpia Morato", Donne della Riforma, Torino, Claudiana 1992, p. 306-320.