Domenica della memoria 2003 - J. Edwards

Il 2003 e la memoria del popolo di Dio

 Il 26 ottobre può sembrare ancora lontano, ma la “Giornata della Memoria” è entrata stabilmente da alcuni anni nel calendario degli evangelicali italiani. Oltre a offrire spunti stimolanti per recuperare il contenuto e il valore delle nostre radici, la Giornata propone quest’anno il ricordo di personaggi e vicende che, seppure appartenenti a un passato ormai remoto, rimangono carichi di significato e di lezioni per il nostro presente.

            Di Jonathan Edwards si è già scritto, tradotto e parlato in riviste, libri e conferenze, ma non sarà mai sufficiente, per lo spirito superficiale che caratterizza la nostra epoca, immergersi nelle parti più profonde del suo pensiero, cercando di apprezzarne non solo il rigore teologico, ma anche la vastità degli interessi, e soprattutto la passione per Dio e per la Sua chiesa. Sarà sorprendente, per chiunque voglia dilettarsi nella lettura della sua biografia o dei suoi scritti finalmente tradotti in italiano, accorgersi che, già trecento anni fa, Dio sollecitava il Suo popolo a occuparsi di argomenti tuttora attuali, come: l’importanza delle Scritture, il risveglio, le caratteristiche della vera religiosità cristiana.

            Uno sguardo ai pochi spunti offerti dalle espressioni italiane della Riforma protestante ci farà conoscere due personaggi: Celio Secondo Curione e Aonio Paleario, il cui contributo è certamente riconosciuto e apprezzato Oltralpe più che in Italia. Le loro vicende, segnate rispettivamente dall’esilio e dal martirio, saranno utili a farci apprezzare la nostra libertà di professare una fede “diversa”; ma, soprattutto, dovranno servire di stimolo nella difesa di tale libertà. Il loro sacrificio non risulterà inutile se, seguendone la scia, saremo disposti a uscire dalla morsa della passività, della stanchezza e della sufficienza con cui ci stiamo limitando a osservare, disinteressati, ciò che altri, senza idee e senza storia, stanno proponendo e attuando a livello istituzionale proprio nel campo delle libertà religiose.

            Allo stesso modo, ricordare che, cinquecento anni fa, qualcuno ebbe la creatività e il coraggio di tradurre l’intera Bibbia, per dare voce e identità a una minoranza ambiziosa, dovrà farci riflettere sulla maniera in cui utilizziamo le nostre energie per il progresso del Regno di Dio. La scelta sollecitata dall’opera del Diodati sarà fra porsi dalla parte di chi vuole conservare le sicurezze acquisite, accontentandosi di sopravvivere nel mare del pluralismo, oppure di rischiare, investendo ogni risorsa per affermare tutta la ricchezza, la forza e l’integrità della visione cristiana.

            Per questi pochi, ma sostanziosi motivi, l’AEI ritiene opportuno esortare il popolo di Dio in Italia a dedicare una domenica al ricordo e alla valorizzazione della propria storia.

Jonathan Edwards (1703-1758)

Nacque il 5 ottobre 1703 a East Windsor, nel Connecticut, da genitori appartenenti entrambi a famiglie puritane del New England.

Era l’unico maschio di undici figli, e a 13 anni lasciò per la prima volta la sicurezza e l’affetto della famiglia, per entrare nella Collegiate School of Connecticut, a New Haven, che divenne poi lo Yale College (l’attuale prestigiosa Università di Yale). Durante l’infanzia, trascorsa serenamente nel luogo in cui era nato, Edwards ricevette, oltre alle attenzioni delle quattro sorelle maggiori, la severa ed efficace educazione di suo padre Timothy. In quegli anni, dunque, oltre ai basilari insegnamenti intorno alla vita, Jonathan, attraverso rigorosi principî didattici, aveva appreso l’importanza della precisione nei metodi accademici e un’elevata concezione del ministero cristiano. Ciò, grazie anche all’esempio del nonno materno, Solomon Stoddard, famoso e appassionato predicatore nella congregazione di Northampton, Massachusetts.

            Conseguì la laurea nel 1720 come “migliore della classe”, dal punto di vista accademico, ma ricordò successivamente quegli anni come caratterizzati da “grandi e violente lotte interiori”. La passione per gli studi e la brillantezza dei risultati non erano accompagnati da un’autentica adesione al Cristianesimo. Nei suoi scritti, sono infatti del 1721 i primi riferimenti a una conversione interiore, che aveva suscitato nuovi sentimenti nei confronti di Dio e un appassionato “senso delle cose divine”.

            Rimase ancora due anni a New Haven, per ricevere il Master, ma prima di concludere i suoi studi, nell’aprile del 1723, si trasferì per pochi mesi a New York, in qualità di pastore di una piccola chiesa presbiteriana. Da lì tornò alla sua città natale di East Windsor e durante l’estate terminò la sua tesi.

            Nel 1724, cominciò a lavorare come assistente a Yale e, nell’agosto del 1726, si spostò a Northampton, dov’era stato invitato dalla locale chiesa congregazionalista a diventare assistente di suo nonno, Solomon Stoddard.

            Un anno dopo, sposò Sarah Pierrepont, che aveva conosciuto anni prima a Yale. Si trattò di una relazione molto profonda e appagante, e non solo perché arricchita dall’arrivo di ben undici figli! Le testimonianze al riguardo parlano di una coppia molto affiatata e unita, completamente devota ai valori cristiani e attivamente impegnata nell’educazione dei figli, oltre che nel lavorare per il bene della comunità.

            Nel 1729, alla morte del nonno, Jonathan ricevette l’incarico pastorale nella stessa congregazione e lo mantenne fino al 1750. Si trattò di anni per molti versi difficili, ma sicuramente furono i più importanti e benedetti della sua vita.

            In quel periodo, si realizzarono i due momenti di risveglio spirituale per cui solitamente viene ricordato il suo nome. Il primo, che durò dal 1734 al 1736, rimase circoscritto al villaggio di Northampton e alla valle del Connecticut. Il secondo, che andò dal 1740 al 1743, si propagò per tutto il New England ed ebbe considerevole risonanza addirittura in Gran Bretagna.

            I suoi scritti riguardo a questi due periodi rivestono ancor oggi un’importanza fondamentale per chiunque s’interessi della natura della vera religiosità.

            Nel 1750, in seguito a una controversia sorta nella sua chiesa, Edwards fu allontanato da Northampton e divenne pastore della congregazione nel villaggio di Stockbridge, nel Massachusetts, e missionario fra gli indiani Mohawk e Housatonic.

            In quegli anni trovò il tempo per scrivere i libri che oggi conosciamo come i più importanti testi cristiani del XVIII secolo. Non solo egli documentò e spiegò i risvegli, ma, soprattutto, si occupò di temi fondamentali per la storia del pensiero cristiano, come la libertà della volontà umana e la dottrina del peccato originale.

            Edwards morì nel marzo del 1758, pochi mesi dopo aver accettato l’incarico di rettore del College del New Jersey, oggi noto come Università di Princeton.


 

La lezione di Edwards

 

Il numero dei suoi scritti è considerevole, così com’è imponente la vastità e la quantità dei temi trattati. Ma il lettore odierno non ne sia scoraggiato! Piuttosto, sfrutti l’occasione per chiedersi quale eredità sia da cogliere, e quale contributo abbia dato “l’Agostino americano” all’affermazione, alla diffusione e al consolidamento della fede cristiana autentica.

            Gli evangelici del XXI secolo possono avvicinarsi a Edwards, non tanto per gli obblighi imposti dal suo trecentesimo anniversario,  ma perché confessanti una fede e praticanti una pietà che molto devono all’apporto della sua mente raffinata e del suo cuore appassionato.

            Non è di poco conto, in un’epoca come la sua, segnata dall’esaltazione delle capacità della ragione umana, aver sottolineato in ogni scritto, predicazione, cronaca, lettera e testimonianza, l’assoluta centralità di Dio sia nella realtà visibile sia in quella invisibile.

            Da questo fondamento, Edwards si mosse per esporre un pensiero totalmente ispirato dalle Scritture e orientato verso l’esaltazione della gloria di Dio. Egli sottolineò con insistenza il vero problema di ogni uomo davanti a Dio: cioè, la gravità del suo peccato e l’impossibilità d’instaurare una relazione con Lui, a prescindere dal riconoscimento dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo.

            Grande importanza, inoltre, rivestono i suoi scritti sullo sviluppo del piano salvifico di Dio nella storia, e quelli più strettamente legati alle dottrine dell’uomo e della salvezza, come la libertà della volontà umana e la responsabilità individuale dell’uomo davanti al Creatore.

            È comunque grazie ai famosi periodi di Risveglio del 1734-1736 e del 1740-1743 che la figura di Edwards è maggiormente ricordata ai giorni nostri. Protagonista, testimone e narratore di eccezionali periodi di vitalità e prosperità della chiesa, con i suoi scritti relativi alle cause e agli scopi di tali fenomeni, Edwards rimane un punto di riferimento imprescindibile per chiunque voglia capire i modi e i tempi con cui Dio ha operato e tuttora opera in mezzo al Suo popolo.

            Collegati al tema del Risveglio sono senz’altro tutti i suoi contributi tesi a precisare le caratteristiche della vera religiosità. Preoccupato per la facilità con cui, in un clima di comprensibile euforia per le meravigliose manifestazioni della grazia di Dio, qualsiasi esperienza religiosa veniva interpretata come segno di vero incontro tra Dio e l’uomo, Edwards difese con decisione l’insegnamento delle Scritture in merito.

            Partendo dalla rivelazione scritta di Dio, spiegò accuratamente quali sono i segni con cui si può discernere l’autenticità o la falsità di una professione di fede.

            Nell’odierno clima da “supermercato della spiritualità”, dove ciò che sembra contare maggiormente è il bisogno personale dell’uomo, anziché l’affermazione dell’onore di Dio, le sue argomentazioni, profonde, minuziose, rigorose e lucide, mantengono tutta la loro freschezza e attualità.

            Leggere e riscoprire Edwards non sarà, perciò, un semplice esercizio nostalgico di qualche intellettuale esaltato, bensì un appassionante ed educativo cammino lungo il ricco sentiero della storia del popolo di Dio, attraversato prima di noi, e preparato per noi, da chi possiamo definire, senza falso pudore, un “gigante della fede”.


 

Le opere di Jonathan Edwards

 

La produzione letteraria di Edwards è monumentale. Si pensi che, a distanza di tre secoli dalla sua nascita, soltanto quest’anno sta per essere completata la raccolta di tutti i suoi scritti, composta da ben 27 ponderosi volumi! Complici le celebrazioni del 3º centenario, anche il pubblico di lingua italiana potrà presto accedere a una piccola, ma significativa parte delle opere del, e sul, teologo americano.

 

Opere di Edwards già disponibili in italiano:

  • Segni caratteristici di un’opera dello Spirito di Dio, Roma, Sentieri Antichi 1998.
  • Peccatori nelle mani di un Dio adirato, Roma, Sentieri Antichi, s.i.
  • Lampade ardenti e splendenti, Caltanissetta, Alfa & Omega 2001.

 

Opere di prossima pubblicazione da parte dell’editore Alfa & Omega:

I sentimenti religiosi; L’amore e i suoi frutti; Storia della redenzione; Scritti sul risveglio; Sermoni e discorsi.

 

Opere su Edwards disponibili in italiano:

  • Iain H. Murray, Jonathan Edwards, Caltanissetta, Alfa & Omega 2003
  • Studi di Teologia, II serie, n. 29.