Nuovi libri (recensioni)

Informazioni editoriali

a cura di Leonardo De Chirico

• Rinaldo Diprose, La teologia del nuovo patto. Elementi fondamentali del-la teologia del NT, Roma, IBEI-Ed. 2002, 303 p.

Visto che la Bibbia è composta da due Testamenti (= patti), e considerato che il modo di Dio di rapportarsi all’umanità è attraverso l’alleanza (= patto), la nozione di patto è di fondamentale importanza per la teologia.

In più, l’evento centrale dell’opera di Gesù Cristo è l’inaugurazione di un nuovo patto nella Sua passione, morte e risurrezione. La vita cristiana testimonia l’ingresso della persona nella comunità del patto (battesimo), fa memoria del patto (cena del Signore), si esprime in relazioni all’insegna della responsabilità di fronte al patto e s’impegna affinché il patto con Dio pervada l’agire.

Insomma, tutta la vita cristiana è resa possibile grazie al patto e va vissuta in un’ottica pattizia. Il tema del patto introduce, quindi, alle scaturigini della fede e fa entrare nel vivo della sua dinamica.

Questo studio si prefigge di approfondire il tema del nuovo patto, quindi soprattutto in relazione al NT.

Dopo una prima parte in cui sono opportunamente esaminati i testi biblici di riferimento (Ger 31,31-40; Lc 22,19-20; Eb 8,1-10,29; 2 Cor 3,5-11), l’Autore approfondisce questioni importanti connesse al patto, quali la profezia, l’origine della teologia del NT, la predicazione apostolica, il mondo spirituale, la comunità, l’etica e l’escatologia.

Tutti questi sono alcuni “elementi” costitutivi della teologia del patto, anche se uno sforzo più sistematico avrebbe messo maggiormente in evidenza il suo disegno progressivo e complessivo rispetto all’AT e, anche, le sue rilevanti ricadute pratiche.

È questo il rischio che corrono tutti i tentativi di concentrarsi su uno solo dei Testamenti (AT o NT), anziché perseguire in modo rigoroso lo sguardo unitario e progressivo della teologia biblica.

Detto questo, si tratta di uno studio ben argomentato, che invita a riflettere sulla centralità del patto per la teologia cristiana.

 

• John Blanchard, Dov’era Dio l’11 settembre?, Virgilio MN, Passaggio 2003, 39 p.

L’11 settembre è diventato una data tragicamente simbolica, una specie di spartiacque nella storia contemporanea.

Nel più devastante atto terroristico della storia, oltre 3000 persone sono morte e due dei più alti edifici del mondo sono stati ridotti in macerie, proprio nel cuore della più dinamica metropoli occidentale. Molte persone, sconvolte dall’accaduto e incapaci di farsene una ragione, si sono chieste: “Dov’era Dio l’11 settembre?”.

Non è la prima volta che una simile domanda è stata posta né sarà l’ultima. Dopo l’Olocausto, molti si erano chiesti: “Dov’era Dio ad Auschwitz?”. Dà da pensare il fatto che molti (soprattutto i sedicenti atei) si ricordino di Dio solo quando accadono tragedie di immense proporzioni... Ma il fatto che la domanda sia stata posta non è da trascurare. Perciò, dov’era Dio l’11 settembre?

John Blanchard risponde in modo sintetico, chiaro e incisivo. Non sfugge la questione, ma nemmeno cerca d’improvvisare una banale difesa di Dio.

Piuttosto che subire passivamente la domanda, cerca di riorientarla alla luce della storia della Bibbia. Come nel caso di Giobbe, che, avendo messo in discussione Dio, fu lui stesso messo in discussione da Dio, l’A. affronta il problema della sofferenza a partire da Gesù Cristo, che ha sofferto fino alla morte, dimostrando come Egli abbia preso su di sé le conseguenze del peccato, che aveva introdotto uno sconvolgimento nel mondo. Tutto questo interpella ciascuno, e Blanchard conclude opportunamente la sua risposta con un paragrafo intitolato: “Gesù … l’11 settembre … e tu”. Non si tratta di pontificare sui massimi sistemi, bensì di cogliere l’occasione data dalla tragedia delle torri gemelle, per pensare alla relazione che s’intrattiene con un Dio di grazia e di giustizia.

Il libretto merita una larga diffusione, e può essere uno strumento di evangelizzazione molto efficace su un tema su cui si registra molta sensibilità. Inoltre, si presenta in una veste editoriale molto ben fatta.

L’unico rammarico è che si sia dovuti ricorrere a un’ennesima traduzione dall’inglese per una riflessione che poteva essere pensata e realizzata in Italia.

Tutti quei riferimenti all’Economist, al Times, al Daily Mail, al Daily Telegraph, e ai personaggi del dibattito culturale anglosassone, avrebbero potuto essere contestualizzati alla situazione italiana, rendendo la risposta alla domanda contenuta nel titolo ancor più stringente e coinvolgente. Si tratta di un “neo” che non riduce l’utilità di questo valido libretto.