Matthew Henry: Evangelici d'oggi alla scoperta dell'evangelismo classico?

Informazioni editoriali

Da Spurgeon a Matthew Henry e oltre

Alla scoperta dell’evangelismo classico?

 Negli ultimi anni stiamo assistendo in Italia a una sorta di scoperta del pensiero riformato.

 Molti ambienti evangelicali, pentecostali e no, sembrano essere sensibili alla letteratura “classica” dell’evangelismo, quella parte del Protestantesimo sin qui poco valorizzata e, anzi, sottoposta a molte distorsioni e a pregiudizi.

   Si pensi alle traduzioni di Spurgeon, il più grande predicatore calvinista dell’Ottocento, a quelle di Martyn Lloyd-Jones, considerato l’ultimo dei puritani, a quelle di Warfield, ritenuto il più grande teologo riformato del XIX secolo, e ora a quella di Matthew Henry, un classico della letteratura riformata di tutti i tempi.

   Il fenomeno è sicuramente interessante e merita un approfondimento. Perciò, abbiamo rivolto qualche domanda a Leonardo De Chirico, direttore di Studi di teologia, nonché curatore di questa rubrica di segnalazioni editoriali.

 Come giudichi l’iniziativa di pubblicare Matthew Henry in italiano?

In modo sicuramente positivo. Questa e altre traduzioni aiutano a “sprovincializzare” l’evangelicalismo italiano, troppo spesso incline a essere incurvato su sé stesso, senza possedere il senso di un’identità che vada al di là delle fissazioni di ciascuno o dei confini denominazionali e nazionali.

   Gli offrono altresì l’occasione di fare i conti con una tradizione di pensiero, che in Italia è poco rappresentata sul piano ecclesiale, ma che costituisce il filone più ricco e solido della riflessione evangelica.

   È ora che i classici del pensiero evangelicale siano letti, conosciuti, discussi e assimilati anche in Italia!

 Eppure, nell’introduzione, il curatore prende le distanze dalla linea teologica di Henry...

E questo ha del paradossale! Da un lato, si presenta un’opera ampia e impegnativa sul piano editoriale; dall’altro, si esprimono riserve non indifferenti su ciò che si propone, come se il lettore avesse bisogno di un avvertimento preliminare o l’opera in questione dovesse essere riscattata da un difetto di origine.

   Contrariamente a quanto si sostiene, però, il commentario di Matthew Henry è valido, non malgrado la sua prospettiva calvinista, ma proprio grazie alla sua visione riformata!

   In fondo, la prospettiva calvinista pervade tutto il commento biblico del grande puritano, e non solo i passi riguardanti la predestinazione.

   Sarebbe ingenuo e illusorio pensare che, una volta isolata la dottrina della predestinazione di Henry, il resto del suo commento sia teologicamente “neutrale”. Non lo è affatto! Il commento è imbevuto di una visione biblica della sovranità di Dio che traspare certamente in ogni pagina e quasi in ogni riga.

   Il curatore ha ovviamente la libertà di pensare e scrivere ciò che vuole, ma non si può non avvertire un certto disagio di fronte a questo “cappello” editoriale dal fiato corto e dalla vista miope.

   Del resto, il commento di Henry non ha bisogno di avvocati difensori o di pubblici ministeri accusatori. Che ciascuno lo legga e ne tragga beneficio! 

Che cosa esprime l’interesse crescente per il patrimonio dell’evangelismo “classico”? Non c’è il rischio di un suo uso tendenzialmente strumentale?

Credo che sia inevitabile che, a un certo punto di un cammino di crescita spirituale, ci si debba rivolgere a un filone di pensiero in grado di nutrire in modo sano e completo, oltre a essere capace di sostenere lo slancio della testimonianza.

   A chi altri ci si può rivolgere, dunque, se non al patrimonio dell’evangelismo classico? La strumentalizzazione è possibile quando, non essendo disposti a modificare certe categorie di pensiero consolidate, si vuole in ogni caso spizzicare qua e là e inglobare i frammenti raccolti in un quadro complessivo che rimane quello di prima. 

Con le pubblicazioni degli ultimi anni, è cresciuta l’editoria evangelica?

È cresciuta sensibilmente l’offerta quantitativa, così come la varietà degli orientamenti rappresentati.

   Mi sembra, tuttavia, che si debbano fare ancora molti passi in avanti per avere un’editoria veramente affidabile sul piano culturale.

   Per ambire a una maggiore presentabilità, si devono formare traduttori, revisori, curatori meno improvvisati e che abbiano il senso del lavoro editoriale.

   Anche la progettualità editoriale non sempre traspare dalle scelte editoriali. A parte qualche eccezione, le proposte editoriali non sono inserite in collane definite, e quindi risentono di una certa occasionalità.

   Poi, c’è il problema cronico della promozione del libro evangelico e della sua diffusione. Il mercato evangelico è ancora sottosviluppato; si legge ancora troppo poco, e si acquista ancora di meno!

   In ogni caso, il quadro è in movimento, ma è necessario un ulteriore salto di qualità.

 Matthew Henry, Commentario biblico, vol. 1 Genesi-Esodo, Montreal, Italian Pentecostal Church of Canada e Antonio Consorte 2001, 565 p.

 Matthew Henry (1662-1714) è considerato uno dei più grandi espositori della Bibbia della storia dell’evangelismo.

   Il suo commento, versetto per versetto, è un classico della letteratura evangelica e ha formato intere generazioni di predicatori e di credenti in tutto il mondo. Charles Spurgeon ebbe a dire, riguardo a quest’opera: “Ogni ministro dovrebbe leggerla interamente e attentamente almeno una volta nella vita”.

   Questo è il primo volume della serie, che prevede ben dodici volumi, per un totale di 10.000 pagine complessive.

   Per le sue dimensioni e lo spessore del commento biblico, l’opera può essere annoverata tra le opere evangeliche più consistenti mai pubblicate in lingua italiana.