Cristianesimo e setta confronto sul problema

L'OBIETTIVO: Una presa di posizione importante da parte dell’AEI

L’opinione pubblica si trova a confrontarsi sempre più spesso con la questione delle sètte.

 In alcuni casi, si tratta di fatti obiettivamente riprovevoli; altre volte, di un pretesto per suscitare una nuova caccia alle streghe. In certi casi, si ha a che fare con vere e proprie degenerazioni religiose; in altri, con veri e propri messaggi subliminali, vòlti a squalificare chiunque non si collochi nell’ambito della religione maggioritaria del Paese.

   I confini tra le due prospettive sono spesso molto tenui, e la superficialità degli operatori dell’informazione, o la faziosità di chi li controlla, fa sì che anche le chiese evangeliche siano talvolta assimilate alle sètte.

   Anche a livello europeo si registra una particolare attenzione degli organi di governo nei confronti di tutte le espressioni religiose che non sembrano collocarsi all’interno delle confessioni tradizionali, e talvolta si delineano forme di controllo più che discutibili.

   L’AEI, da sempre impegnata a incoraggiare un’informazione corretta e il necessario discernimento, ha incaricato la propria “Commissione per la teologia e l’etica” di promuovere una riflessione e far conoscere la propria posizione riguardo a questo scottante argomento.

 

I rischi della confusione

   Tra Cristianesimo e setta, per i non addetti ai lavori, è possibile fare una certa confusione, e nessuno dovrebbe ignorare o sottovalutare questo rischio.

   La fede cristiana e la setta possono essere confuse per motivi ideologici. È ciò che accadde ai tempi apostolici, allorché Paolo fu considerato capo della “setta dei nazareni” (At 24,5). L’apostolo Paolo, però, respinse tale accusa, come la respingono oggi i suoi eredi (At 24,14). Difatti, per essere tacciati di “setta” non basta avere qualche tratto di novità rispetto all’ambiente circostante. Utilizzare un simile parametro per identificare una setta sarebbe veramente ingenuo e semplicistico.

   La fede cristiana e la setta possono, d’altro lato, essere confuse anche per motivi sociologici. La definizione di “setta” è, com’è noto, fortemente tributaria delle concezioni sociologiche di Max Weber, Ernest Troeltsch e altri, ma non è detto che le loro impostazioni debbano essere assunte come pienamente soddisfacenti. Accanto a esse ci sono spiegazioni di tipo psicologico e anche politico, che possiedono talvolta elementi interessanti, benché non esaustivi. Non va poi ignorato il fatto che le ambiguità legate al termine “setta”, come pure il rilievo negativo che ormai le è associato, consiglino ad alcuni l’abbandono stesso del termine.

   La possibilità della confusione tra Cristianesimo e setta può trovare un terreno fertile in talune similitudini. Ad esempio, si possono notare la volontarietà dell’adesione al gruppo, anziché l’appartenenza per nascita; un senso assai forte della differenza tra credenti e no; l’insistenza su una dottrina dai contorni assai netti, che richiede autentica ubbidienza.

   La setta seduce proprio per la forza delle proprie convinzioni, per la sincerità del proprio entusiasmo, per la semplicità della propria dottrina; ma sarebbe riduttivo fermarsi a questi aspetti. È, invece, necessario considerare in profondità le convergenze e le divergenze che vi possono essere.

 

Necessità di discernimento

   A ben vedere, le similitudini appena rievocate caratterizzano qualsiasi raggruppamento di una certa rilevanza, e accontentarsi di una simile semplificazione è in definitiva di grande aiuto. Di qui, la necessità del discernimento. Se una setta può avere elementi comuni a qualunque raggruppamento significativo, e quindi anche alla chiesa, possiede però caratteristiche profondamente diverse da quest’ultima.

   Innanzi tutto, un certo ripiegamento. La setta si configura come un gruppo ripiegato su sé stesso, che mantiene le proprie convinzioni, senza dialogare con chi ha persuasioni diverse. Difatti, la chiusura che la caratterizza è tale da impedirle un reale ascolto dell’altro, e in ogni caso della tradizione più in generale.

   Se la setta appare incapace di rapportarsi alla storia, ed è in ciò influenzata dalla stessa società moderna, che favorisce lo sviluppo di persone senza radici, il Cristianesimo ritiene, invece, che il rapporto con la storia sia importante.

   Se la setta tende a operare una cernita dei testi e dei concetti biblici, praticando una lettura selettiva della Scrittura, il Cristianesimo non si accontenta di qualche elemento frammentario della rivelazione biblica, ma è impegnato nella valorizzazione di tutto il consiglio di Dio.

   Se la setta tende a “cortocircuitare” l’attualità e il testo biblico, facendo tabula rasa di secoli di storia, il Cristianesimo considera utile il percorso del popolo di Dio nel tempo.

   Benché la tradizione sia esposta a determinati rischi, se considerata in termini assoluti, il Cristianesimo ritiene di poter svolgere un ruolo moderatore assai importante. Può, infatti, contribuire a dare orientamento e direzione per capire il mondo di Dio e permettere un’interazione fruttuosa con interpretazioni contrastanti.

   In secondo luogo, un certo accentramento. La chiusura nei confronti della storia in senso ampio è associata a un centro di potere rigido e assai spesso personalistico. Tale potere ha un carattere fortemente illuministico; per questo motivo, le intuizioni del capo sono esenti da qualunque tipo di verifica. Anche da un punto di vista filologico la setta non si definisce, infatti, per l’esiguità del numero o la falsità della dottrina, ma per la predominanza di un fondatore e del suo particolare insegnamento. Egli impone una particolare regola di vita ed esige un’ubbidienza incondizionata. Il termine “setta” viene, infatti, da sequire (seguire), non da secare (dividere).

   Se la setta è generalmente caratterizzata dalla sua dipendenza da un individuo, il Cristianesimo è impegnato a seguire la Via.

   Se la setta è caratterizzata da una certa segretezza nelle proprie convinzioni, il Cristianesimo ha un messaggio da annunciare, e non esita a fornire spiegazioni a chiunque domandi ragione della sua speranza.

   Se la setta richiama l’idea della separazione, il Cristianesimo si caratterizza come unione e convocazione.

   Se la setta è condizionata da parametri extra-biblici, che mirano a una più profonda comprensione della Scrittura, il Cristianesimo è impegnato a sottomettersi alla rivelazione nella sua totale sufficienza.

   In terzo luogo, un certo legalismo. Al ripiegamento e all’accentramento va aggiunto un legalismo che marca i diversi comportamenti con una certa rigidità e anche conflittualità con gli estranei.

   La setta propone contemporaneamente esperienza e significato all’interno di una cornice rigidamente precostituita. Questa rigidità corrisponde a volte anche all’intensità dell’esperienza richiesta, ma appare sempre più strana nella società contemporanea. Anzi, la smobilitazione delle ideologie, e quindi il sempre maggior sospetto nei riguardi di ogni pretesa di verità, trascinano con sé una preoccupante perdita di senso, che sembra autorizzare una miscela di elementi eterogenei.

   Quella che si va delineando è una verità strana, dai contorni irrazionali e mistici, che trova la propria legittimazione nel sentimento soggettivo della persona. L’esperienza sembra possedere sempre di più una tale evidenza normativa da escludere qualunque altro tipo di parametro.

   Fra dottrina ed esperienza si delinea un crescente scollamento; e così, il messaggio si riduce sempre di più a “vieni e vedi”, anziché a “vieni e credi”. L’esperienza appare progressivamente estranea a ogni altro tipo di valutazione, a condizione che sia vissuta positivamente dall’individuo.

   Tutto ciò fa della setta un sistema di valori e significati strettamente correlati e coerenti, che non possono avere punti di contatto significativi con il mondo esterno. Il che comporta che la setta sia accompagnata da una profonda diffidenza nei confronti del mondo, inteso come una realtà da fuggire, anziché da trasformare.

 

La promessa dell’Evangelo

   L’Evangelo è la buona notizia di Gesù Cristo, e respinge ogni settarismo e ogni scetticismo. Mentre la setta pretende di possedere la verità (che altri ritengono non esista neppure), l’Evangelo ha una prospettiva profondamente diversa: respinge ogni ripiegamento ingiustificato come espressione del peccato, che è chiusura in sé e rifiuto della grazia di Cristo, e annuncia la libertà che proviene dal Signore. Ecco perché identifica la verità con una persona: Gesù Cristo (Gv 14,6).

   La verità, allora, non è un possesso, ma è ciò che possiede il cristiano.

   Accanto agli approcci sociologici, psicologici, ecc., è dunque necessario porre anche quello religioso. Il sorgere di religioni “selvagge”, parallelamente all’indebolimento delle grandi chiese, testimonia la permanenza della dimensione religiosa dell’uomo e sottolinea quanto essa sia costitutiva dell’individuo stesso.

   Nonostante la massiccia incredulità, permane un’inquietudine spirituale che non è soddisfatta da nessun surrogato. Agli eccessi religiosi corrisponde un altrettanto spaventoso vuoto di verità.

   Soltanto la fede cristiana, con il suo radicamento nella storia, la centratura su Gesù Cristo e l’apertura alla realtà nella sua interezza, si presenta come l’autentica “buona notizia” per la salvezza dell’essere umano.