Per i 25 anni della TILC tutti dal papa?

La ricorrenza della traduzione interconfessionale dell’ABU

Per i 25 anni della TILC tutti dal papa!

Venticinque anni fa veniva presentata la traduzione interconfessionale in lingua corrente (TILC) del Nuovo Testamento.

Si trattava di un’iniziativa nuova sia per la cornice ecumenica, che aveva permesso il coinvolgimento di studiosi cattolici e protestanti, sia per il metodo di traduzione, che aveva privilegiato le “equivalenze dinamiche” rispetto ad altri criteri più tradizionali. A quel tempo, l’AEI espresse le proprie forti perplessità su entrambi gli aspetti.

A distanza di 25 anni, l’Alleanza Biblica Universale (ABU) ha celebrato la ricorrenza con la visita di una sua delegazione al papa e al presidente Ciampi. Ci si potrebbe chiedere quale esigenza irrefrenabile abbia spinto l’ABU a chiedere udienza in Vaticano, ma, si sa, essere ricevuti all’ombra del cupolone è un’aspirazione di molti (religiosi di tutte le confessioni, politici di tutte le risme, autorità di ogni livello). Comunque sia, ciò che colpisce di più è il discorso di circostanza rivolto al papa da Markku Kotila, vice-presidente dell’ABU.

Prima di tutto, l’alto esponente dell’ABU si rivolge al papa chiamandolo “santità”. Nell’altro discorso, il vescovo cattolico Ablondi aveva chiamato il papa “santo padre”, e questo è scontato da parte di un monsignore. Ma che un rappresentante dell’ABU lo chiami “santità” è per lo meno deludente.

Dove, nella Bibbia, il rappresentante dell’ABU trova che ci si possa rivolgere a una persona riconoscendole il titolo di “santità”? È un’esigenza del protocollo vaticano (e, allora, è proprio necessario andare dal papa, se si deve sottostare a regole evangelicamente inaccettabili?), o è un segno preoccupante di come l’“ecumenicamente corretto” cancelli anche l’abc della sensibilità evangelica (e, allora, non si deve mettere in discussione un tale ecumenismo, che fa a pugni con
l’insegnamento biblico?)?

La cosa è ancora più fastidiosa, se si tiene conto che, il giorno dopo, un’altra delegazione dell’ABU è stata ricevuta al Quirinale dal presidente Ciampi. In quest’occasione, i due esponenti dell’ABU si sono rivolti al presidente con un semplice, scarno e laico “egregio presidente”. Perché, invece, di fronte al papa si devono tirare fuori residuati di deferenza vaticana e titoli del tutto estranei alla Bibbia?

In più, nel breve discorso al papa, il vicepresidente dell’ABU cita due testi: uno di una recente assemblea dell’ABU, l’altro dalla lettera del papa Novo Millennio Ineunte. Ora, il fatto che un esponente di un organismo per la diffusione della Bibbia non trovi di meglio che citare testualmente uno scritto vaticano e non un testo biblico è singolare, per non dire inquietante. Possibile che, fra tutti i 66 libri canonici, non ci sia una parola, un versetto, un testo da leggere al papa? Perché citargli una lettera scritta da lui, e non la Parola di Dio?

Anche qui: si tratta di un tentativo di autolegittimarsi davanti al papa, facendo sfoggio di conoscere e apprezzare il suo magistero, o di un’autocensura inconscia, imposta dalla circostanza?

Infine, non poteva mancare la foto finale. La foto con il papa val bene un’udienza in Vaticano! Come al solito, il papa è al centro (in bianco), gli altri (in nero) gli stanno accanto, chi a destra, chi a sinistra. Visivamente, il papa è e rimane al centro. Il Vaticano I ha blindato questa posizione, il Vaticano II l’ha corroborata (checché ne dicano tutte le letture progressiste), il Catechismo l’ha stabilizzata, la Ut unum sint l’ha consolidata, la Dominus Iesus l’ha cementata.

Assisi (1986 e 2002) ha dato una rappresentazione plastica della centralità del papa. Lui, se c’è, vuole stare al centro. Gli altri si accomodino ai margini. Adesso, anche la delegazione dell’ABU ha una bella foto con il papa al centro. È soltanto una foto da incorniciare e da esibire nei salotti ecumenici, o è l’inevitabile destino di chi sceglie il tipo di ecumenismo intrapreso 25 anni fa?

l.d.c.