Evangelici discutono di libertà, povertà e giustizia

a EXPO 2015 per rilanciare gli Obiettivi del Millennio

Difficilmente uno strumento di politica socio-economica ha raccolto così tanti consensi. Dalla loro formulazione nel 2000, gli Obiettivi del Millennio (OdM) hanno raggiunto infatti un consenso insperato, sottoscritti da 189 Sati membri dell’ONU, oltre a innumerevoli istituzioni internazionali, ONG e agenzie di vario tipo che li hanno fatti propri. Sono diventati il nuovo paradigma di sviluppo umano, il fulcro del nuovo sviluppo.

Alcuni ritengono che in questi anni si sia realizzata la promessa del dimezzamento della povertà. Dopo quindici anni sembra davvero che la dichiarata lotta a ogni forma di deprivazione umana abbia avuto successo. Fanno eco le parole di Ban Ki-Moon: gli OdM rappresentano senza dubbio “la spinta globale contro la povertà di maggior successo nella storia” (UN, 2013). Per altri, però, gli OdM rimangono semplicemente una grande “lista dei desideri globali”, uno strumento elitario, top-down, qualitativamente debole e privo di target importanti e rendicontabili.

Oggi, alla fine di questo periodo, quale sarà l’agenda post 2015 in un mondo sempre più sensibile alle acute e ricorrenti crisi finanziarie? Come si evolveranno i confini sempre più sfumati tra povertà e ingiustizia? Saranno sufficienti i nuovi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (OSS) appena lanciati?

Il 18 ottobre 2015 se ne è parlato a Expo Milano 2015, nel Padiglione del Terzo Settore – Cascina Triulza - grazie a una tavola rotonda dal titolo “Dalla compassione alla giustizia - sfide contemporanee e impegno evangelico” organizzata dell’Alleanza Evangelica Italiana con la collaborazione di Compassion e Porte Aperte. Nella tavola rotonda, Giancarlo Farina (Casa della Bibbia e AEI) ha presentato lo scenario che gli OdM ci lasciano in eredità: molte luci, ma anche qualche ombra. Silvio Galvano (Compassion) ha parlato del ruolo determinante dei bambini ma anche della loro vulnerabilità. Salvo Bonaccorsi (AEI) ha illustrato le sfide dell’accoglienza dei rifugiati in Sicilia (Popoli in movimento) e Lino Cavone (Porte Aperte) ha invece presentato la situazione critica sulla libertà religiosa e la persecuzione dei cristiani in alcune nazioni (Credere? La libertà religiosa tra indifferenza e persecuzione).

In conclusione, Giuseppe Rizza (AEI) ha rilanciato (Globalizzare la speranza) la sfida di un impegno evangelico che non si fermi solo all’imperativo biblico della “salvezza delle anime”. L’impegno per la missione integrale, deve avere un impatto sulle circostanze concrete – sociali, fisiche e materiali – che segnano la vita delle persone più deboli.

La transizione compassione-giustizia è dunque la proposta di una dinamica biblica: da una risposta di emergenza ai molteplici bisogni ad un impegno sistemico e strutturale per la shalom. Può essere di aiuto l’immagine utilizzata da un pastore evangelico attivamente impegnato nel servizio cristiano in un Paese povero: “se permettete un confronto, penso che abbiamo davanti una persona malata con un’infezione molto grave in corso e noi stiamo somministrando semplicemente aspirina per abbassare la febbre, perdendo così di vista la gravità della malattia stessa.”

Milano, 27 Ottobre 2015