Dialogo teologico tra l’Alleanza Evangelica Italiana e la Federazione delle Chiese Pentecostali

L'Alleanza Evangelica Italiana è lieta di presentare questo documento teologico, frutto del dialogo tra l'AEI e la Federazione delle Chiese Pentecostali

Dialogo teologico tra l’Alleanza Evangelica Italiana e la Federazione delle Chiese Pentecostali

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LA SCRITTURA E LO SPIRITO SANTO

Il presente documento (allegato) è frutto del lavoro compiuto congiuntamente dalla Commissione teologica dell’Alleanza Evangelica Italiana (AEI) e dalla Commissione per il Dialogo della Federazione delle Chiese Pentecostali (FCP) svolto tra il 2011 e il 2013.

Rappresenta un’importante piattaforma di convergenza teologica all’interno dell’evangelismo italiano proprio su un locus - quello della Scrittura nel suo rapporto con lo Spirito Santo – particolarmente strategico per la fede cristiana. Inoltre, richiamando esplicitamente l’Impegno di Città del Capo (2010) e incorporandone la sezione sulla “intera Bibbia come parola di Dio”, si collega alla famiglia globale dell’evangelismo contemporaneo che trova espressione nel Movimento di Losanna.

Il presente documento nasce per amore della Parola di Dio. Il tavolo di confronto e di dialogo avviato dalle commissioni dell'AEI e della FCP è promosso in uno spirito di comunione e fraterna amicizia. La necessità di ri-considerare lo sviluppo sul tema Spirito/Scrittura alla luce di una variegata e crescente multireligiosità ha spinto le due commissioni a confermare sul piano teologico e ecclesiologico il ruolo che la Scrittura ha in quanto Parola di Dio con unanime consenso.

Il risultato testimonia il livello profondo di unità sostanziale nell’evangelo di Gesù Cristo che caratterizza una consistente parte della famiglia evangelica italiana, pur in presenza di sensibilità e/o prospettive diverse su aspetti sicuramente secondari. L’augurio è che questo documento sia diffuso nelle chiese evangeliche italiane diventando motivo di incontri e oggetto di ulteriori approfondimenti.

Aversa (CE), 28 ottobre 2013

 

La Commissione teologica dell’AEI
Roberto Mazzeschi
Leonardo De Chirico
Samuele Russo
Gaetano Di Francia
  La Commissione per il dialogo della FCP
Carmine Napolitano
Sandro Gianneramo
Enzo Esposito
Pietro Varrazzo e Mario D’Angelo

Ci riconosciamo nell'articolo sulla Scrittura dell'Impegno di Città del Capo (2010)[1]:
Riceviamo l’intera Bibbia come parola di Dio, ispirata dallo Spirito Santo, proferita e scritta tramite autori umani. Ci sottomettiamo ad essa ritenendola autorevole in modo supremo e unico, tale da governare le nostre convinzioni e il nostro agire ... Affermiamo che la Bibbia è la parola scritta definitiva di Dio, non oltrepassata da alcuna ulteriore rivelazione ma ci rallegriamo che lo Spirito Santo illumina le menti del popolo di Dio affinché la Bibbia continui ad esprimere la verità di Dio in modo nuovo alle persone appartenenti a ogni cultura”.

A partire da quest’affermazione comune, dopo un ampio dialogo fraterno da cui entrambe le commissioni hanno beneficiato, possiamo affermare insieme i seguenti punti che riguardano il rapporto tra lo Spirito Santo e la Scrittura.

 

1. Lo Spirito Santo e la rivelazione della Parola scritta

1.1 La Rivelazione biblica è opera di Dio nella Sua unità plurale di Padre e Figlio e Spirito Santo. Lo Spirito è quindi intimamente e direttamente coinvolto nell’ispirazione degli autori biblici, avendoli “sospinti” a parlare e a scrivere da parte di Dio (2 Pietro 1,21). Dopo l’ascensione di Gesù, lo Spirito ha continuato l’opera di rivelazione del Figlio (Giovanni 16,13-14) sino alla morte dei testimoni oculari e alla redazione dei testi degli scrittori ispirati. Tali testi poi sono entrati a far parte del canone biblico per la loro autorevolezza intrinseca che è stata riconosciuta dalla chiesa. L’opera dello Spirito Santo, che è Dio, nel processo dell’ispirazione è stata assolutamente determinante ed irripetibile.

1.2 Lo Spirito ha anche contribuito in modo decisivo alla “spirazione” di tutti i testi biblici (2 Timoteo 3,16). Lo Spirito ha guidato il cuore e le parole degli autori ispirati, ma anche la formazione e la stabilizzazione dei testi biblici. Ogni Scrittura è ispirata da Dio. Il termine theopneustia riferisce ed esprime l’azione dell’“alitare” dello Spirito di Dio nella guida della rivelazione e della conseguente redazione sia dal punto di vista testuale che personale. La Scrittura è parola di Dio scritta in parole umane nella storia; senza sopprimere l’umanità degli scrittori biblici, Dio si è servito di loro per esprimere la sua perfetta volontà nei riguardi del suo popolo. Nell’autopresentazione della Scrittura ci sono le condizioni per l’interpretazione della stessa. La Scrittura è interprete di se stessa e pertanto non se ne può fare una lettura parziale: ciò che è scritto va colto nel suo significato complessivo. La Scrittura rappresenta, infatti, un processo storico complessivo in cui Dio e la storia sono profondamente intrecciati ed evidenzia il carattere progressivo della rivelazione. Solo il coinvolgimento dell’interprete in questo avvenimento in cui Dio incontra l’uomo rende possibile una retta comprensione del messaggio.

1.3 Lo Spirito è anche colui che annuncerà “le cose a venire”, quelle che Gesù non ha rivelate ai discepoli, perché non erano “alla loro portata” (Giovanni 16,12-13). Non si tratta di nuove rivelazioni accanto, oltre o fuori di quella attestata nella Scrittura. Si tratta invece di una maggiore conoscenza e di una più completa intelligenza, da parte dei discepoli, del “mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti” (Colossesi 2,2-3). Tra i carismi dello Spirito alla chiesa c’è il dono di profezia che è un dono di parola. La “profezia” è stata variamente compresa, ma, qualunque sia il modo di comprenderla, essa è sempre sottoposta ad un duplice criterio regolativo: a quello del discernimento di altri profeti (1 Corinzi 14,32) e, in modo ultimo, ai criteri forniti dalla Parola di Dio scritta (Romani 12,6). Una volta chiuso il canone biblico, la profezia non deve andare oltre ciò che è scritto (1 Corinzi 4,6) e non deve aggiungere o togliere nulla alla Scrittura (Apocalisse 22,18-19).

1.4 L’esercizio dei doni dello Spirito richiede un discernimento idoneo come la Scrittura insegna (1 Corinzi 14,40); tuttavia, la necessaria gestione pastorale e liturgica delle manifestazioni pneumocarismatiche non ne mette in questione la legittimità (1 Tessalonicesi 5,19). Fondamentale è anche quest’altra considerazione: lo Spirito, che è lo stesso per tutti, crea una comunità di fratelli e sorelle. Il principio di fraternità e sororità è costitutivo della comunità cristiana; carismi e ministeri non creano un clero dotato di poteri particolari sacramentalmente conferiti. Ogni potere appartiene al Signore (Matteo 28,18) che non lo delega se non al suo Spirito - che è potenza di Dio in atto (1 Corinzi 2,4) - e alla sua Parola che “chiama le cose che non sono come se fossero” (Romani 4,17).

 

2. Lo Spirito Santo e l’interpretazione della Parola scritta

2.1 In modo analogo all’ispirazione, anche l’interpretazione biblica è un atto trinitario che coinvolge tutti i credenti. Il Figlio ha promesso che lo Spirito avrebbe guidato la chiesa nella verità (Giovanni 16,13) dopo la sua ascensione. L’interpretazione biblica si muove in questa circolarità: la Parola rivelata del Padre è verità (Giovanni 17,17), Gesù stesso è la Parola e la verità (Giovanni 1,1 e 14,6) e lo Spirito, che è verità, guida la chiesa in tutta la verità di Gesù Cristo che è fissata nella Parola scritta.

2.2 Lo Spirito, che ha rivelato la Parola, ha anche un ruolo decisivo nell’interpretazione della Scrittura. La guida dello Spirito Santo è necessaria per conoscere le cose che Dio ci ha donato (1 Corinzi 2,6-16) le quali, altrimenti, rimarrebbero nascoste o incomprensibili. Lo Spirito Santo, che è Dio, è stato donato ai credenti per illuminare “gli occhi dei loro cuori” (Efesini 1,18) affinché, coltivando la “mente di Cristo”, possano accedere alle profondità della rivelazione, assimilarle e condividerne le ricchezze. Lo stesso Spirito, che ha ispirato gli autori biblici, illumina anche gli interpreti biblici. Si può dire che la Parola è il canone interno dello Spirito e lo Spirito è il canone interno della Parola.

2.3 La Scrittura, pertanto, può essere adeguatamente interpretata solo con l’aiuto dello Spirito Santo; il credente deve confidare sempre nella guida dello Spirito per la comprensione di ciò che è scritto. Le profondità di Dio nessuno le ha mai potute conoscere eccetto lo Spirito di Dio; il discernimento delle cose spirituali può avvenire solo per mezzo dello Spirito (1 Corinzi 2,9-14). Se è vero, ed è vero, che lo Spirito è l’autore della Scrittura allora la comprensione di Essa non può che essere legata ad un’azione dello stesso Spirito nell’economia trinitaria. Pertanto è un errore ignorare le Scritture, così come è errato ignorare la potenza di Dio, che è lo stesso ieri, oggi e per sempre (Marco 12,24 con Ebrei 13,8), la cui azione non è prevedibile secondo schemi prefissati, ma è fedele all’essere proprio di Dio trino. Lo scopo della Scrittura è condurre a Cristo, ma questo scopo non lo si può raggiungere se lo Spirito non guida in tale direzione (Giovanni 16,15). L’interpretazione deve sì avvalersi degli strumenti, delle conoscenze, delle competenze ordinarie di tipo linguistico, storico e culturale e, tuttavia, deve sempre essere  “spirituale”, nel senso di guidata dallo Spirito.

2.4 La guida dello Spirito nell’interpretazione non può essere una scusa per evitare l’impegno ermeneutico sul testo biblico. D’altra parte, ogni “critica biblica” che non interpreti la Scrittura in modo “spirituale” rischia di ridursi ad un mero esercizio di speculazione intellettuale. Ciò comporta che l’interpretazione letteralista, quando non è la Bibbia stessa ad indicare una lettura del testo in chiave letterale, sia nociva per una corretta comprensione della Scrittura. Il letteralismo è una chiave di lettura che comprime ed appiattisce la ricchezza del testo biblico che è invece composto di vari generi letterari, tra cui la narrazione, la poesia, i proverbi, gli inni, le epistole, l’apocalittica, e quindi deve essere letto rispettando questa varietà. Ciò comporta altresì che ci si debba guardare dalla tentazione in cui può incorrere il metodo storico-critico quando pretende di vivisezionare il testo biblico mettendone in discussione l’ispirazione divina e quindi anche il carattere soprannaturale. Come dicevano i Riformatori, Scriptura sui ipsius interpres, la Scrittura si interpreta da se stessa, nel senso che vanno cercati in essa i criteri per una giusta interpretazione.

2.5 Il testo “La lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” (2 Corinzi 3,6) è talvolta compreso erroneamente come se vi potesse essere una contrapposizione tra la Parola scritta e lo Spirito Santo. In realtà, il testo non parla del rapporto tra Scrittura e Spirito Santo, bensì tra un sistema religioso incentrato sulla Legge (che porta alla morte) e un patto incentrato sullo Spirito (che porta alla vita).

 

3. Lo Spirito Santo e la predicazione della Parola scritta

3.1 Lo Spirito Santo è per eccellenza Colui che predica l’evangelo. Egli lo fa attraverso la strumentalità di messaggeri che annunciano la Buona Notizia di Gesù basata sulla Scrittura (1 Pietro 4,11). A questi lo Spirito può donare parole di sapienza e di conoscenza (1 Corinzi 12,8) per edificare ed istruire la chiesa e per raggiungere i perduti.

3.2 La predicazione dell’evangelo guidata dallo Spirito Santo non è solo un atto comunicativo umano o un mero esercizio retorico. La predicazione dell’Evangelo è autentica solo se le parole sono rese potenti dallo Spirito Santo (1 Tessalonicesi 1,5) per convincere le persone di peccato, di giustizia e di giudizio (Giovanni 16,8). La Scrittura e la potenza di Dio (Marco 12,24) sono associate nell’opera dello Spirito che può accompagnare la predicazione dell’evangelo con segni e prodigi che mostrano la sua presenza.

3.3 Ogni divaricazione, distanziamento e smarcamento tra testo biblico ispirato e azione dello Spirito Santo è lesiva dell’integrità dell’opera di Dio e, in particolare, del ruolo dello Spirito. Lo Spirito non è collegato al testo biblico in modo oscillante e dialettico, ma, avendo sospinto gli autori e ispirato i testi, lo Spirito ha attestato e attesta l’origine divina (ispirazione) e umana (redazione) della Parola di Dio scritta. Illuminando i credenti nella lettura biblica, lo Spirito li guida nella verità permettendo loro di interpretarla in modo responsabile. Una comprensione profonda delle Scritture passa attraverso un’ermeneutica che miri a recuperare l’esperienza a cui il testo biblico rimanda e così conservare il carattere kerigmatico del testo. Questa dimensione permette oggi di incontrare Cristo Parola vivente. Rendendo potente la predicazione dell’evangelo, lo Spirito trasforma un discorso umano nell’annuncio delle grandi cose di Dio.


[1] Impegno di Città del Capo (2010), Roma-Chieti, GBU 2011, p. 27. Nel 2010 a Città del Capo (Sudafrica) si è tenuto il terzo Congresso mondiale per l’evangelizzazione del mondo, dopo quelli di Losanna (1974) e Manila (1989). Per questa ragione il congresso è stato chiamato Losanna III. A conclusione del Congresso, a cui hanno partecipato più di 4000 delegati, è stato diramato l’Impegno di Città del Capo. Questo documento segue il Patto di Losanna e il Manifesto di Manila e si articola in due parti. La prima è una chiara affermazione della fede evangelica, biblicamente fondata e missiologicamente orientata. La seconda parte presenta invece un invito all’azione missionale olistica e radicale. L’Impegno di Città del Capo è uno dei testi più rappresentativi dell’evangelismo contemporaneo.