Elezioni europee (III): Vademecum per orientarsi

Quattro domande sull’Europa

Roma (AEI), 9 maggio 2019 – Come orientarsi di fronte ai tanti schieramenti in campo, candidati e programmi che si contendono il voto per il Parlamento europeo? Ecco alcune domande che possono orientare la riflessione e la preghiera. Per ulteriori approfondimenti, cfr. oltre al documento AEI “Un contributo evangelico ai lavori della convenzione europea” (2003) anche l’altro documento AEI: “Riformare l’Europa ma come?” (2017).

1. Di quale Europa parliamo?
Di per sé “Europa” può voler dire tutto e niente. Anche la parola “integrazione” è ambigua e può portare in direzioni molto diverse: una concentrazione di potere in un super-stato europeo, l’omologazione delle differenze, l’interventismo delle istituzioni europee in molte materie, ecc. Uno dei compiti delle elezioni è di indicare quale visione istituzionale di Europa i cittadini hanno. Nel dibattito sull’Europa chi parla di “integrazione” senza specificare l’architettura istituzionale non aiuta a capire la visione di Europa. Qualcuno parla di “federazione” europea: un patto tra stati che riconoscono alla federazione alcuni e pochi compiti in comune: politica estera, difesa comune, moneta, investimenti e progetti continentali, cornice valoriale. Per il resto tutto viene lasciato agli stati membro. Uno dei problemi dell’Europa attuale è che essa è cresciuta in modo “disordinato”, senza una visione d’insieme e senza un modello istituzionale di riferimento. Si può pensare ad un superamento della confusione attuale con l’indicazione del modello federale come il futuro dell’Europa? Chi parla di federalismo europeo?

2. Quale affidamento all’Europa?
Nella campagna elettorale, si leggono programmi e proclami che invocano l’Europa per intervenire in tutti i campi possibili: educazione, diritti sociali, disoccupazione, migrazioni, dimensioni dei prodotti, ecc. Ogni intervento europeo significa maggiore tassazione (per pagare i servizi che l’Europa viene chiamata a svolgere) e maggiore burocrazia (per implementarli). Tutto ciò risulta in una crescita della macchina europea fatta di burocrati senza mandato popolare e rappresentanza politica. Più Europa non significa Europa invadente, interventista, che occupa gli spazi delle comunità locali e nazionali. Nemmeno si può invocare l’Europa come se fosse la speranza “redentiva” di ogni male.

All’Europa vanno affidati pochi e chiari compiti comuni, senza sovraccaricarla di aspettative che implicano la crescita incontrollata del suo potere. Qualcuno degli schieramenti ha una chiara idea dei compiti specifici da riconoscere all’Europa e dei loro limiti, lasciando ai corpi intermedi (famiglie, comunità locali, stati nazionali) la maggior parte delle responsabilità?

3. Quali valori per l’Europa?
Priva di architettura istituzionale e guidata da prevalenti interessi economici/finanziari, l’Europa si è per così dire dimenticata dei suoi valori o di quelli che dovrebbero sottostare al patto tra i popoli europei. In tempi di crisi economica e di paura diffusa dovuta a cambiamenti epocali, sono prevalsi le visioni riduttive e conflittuali della vita comune. Questa “dimenticanza” è alla base dell’esplosione degli egoismi. Pensando al futuro, esiste una base di valori comuni su cui poggiare la costruzione delle istituzioni europee? Chi fa riferimento alla “Carta globale della coscienza” (2012), importante documento promosso da personalità evangeliche a livello internazionale, quale piattaforma valida per un patto di civiltà che possa valorizzare l’unità e rispettare le diversità nella società europea plurale? Tra i rischi di secolarizzazione e di confessionalizzazione dei valori, chi parla e promuove uno “spazio civico” in grado di tenere insieme la pluralità europea? Ad esempio, chi fa della libertà religiosa un punto qualificante del proprio programma?

4. Quale dialogo in Europa?
Se l’Europa ha un senso nel mondo globale presente e futuro, essa dovrà attivare e consolidare istituzioni e pratiche in grado di favorire il dialogo civile tra le varie componenti della società: minoranze e maggioranze, nativi e stranieri, residenti e popoli in transito, società civile e comunità di fede, imprese e sindacati, ricerca e investimenti, banche ed economia reale, realtà locali e nazionali, ecc. Il merito e il metodo delle decisioni europee devono essere il frutto di una prassi di dialogo nella società che eviti i riduzionismi, i localismi, le visioni semplicistiche, la mentalità del “noi contro loro” e le soluzioni meramente muscolari. Quali schieramenti oggi valorizzano il dialogo come metodo europeo di tenere insieme le diversità del continente per rappresentare la sua unità? (a cura del Consiglio Federale Esecutivo dell’Alleanza Evangelica Italiana).