di Francesco Maggio (studioso evangelico di Islamistica)
I musulmani "adorano con noi un Dio unico, misericordioso" (n. 252). Così si è espresso papa Francesco nella recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium. In realtà, la frase non è sua, ma è una citazione del Concilio Vaticano II (Lumen Gentium 16) che il papa ha semplicemente fatto propria e reiterata. L’idea che cristiani e musulmani adorino lo stesso Dio è molto diffusa negli ambienti del dialogo religioso e dell’ecumenismo corrente. Purtroppo, sta raccogliendo proseliti anche tra gli evangelici che si fanno affascinare dall’universalismo della salvezza. Gli scritti sull’Islam del teologo di Yale, Miroslav Volf, sono lì a dimostrare che ciò che afferma il papa è anche ciò che viene sostenuto da evangelici come Volf che credono nella realtà di uno stesso Dio che viene adorato in modi diversi.
Che Papa Francesco affermi che i musulmani“adorano con noi un Dio unico” è alla luce della Bibbia una grave inesattezza. La fede islamica nega la natura una e trina di Dio , nega la divinità di Gesù (Corano 4:171) e dello Spirito Santo, nega l‘avvenuta crocifissione di Gesù Cristo: come si può sostenere una simile posizione? Il documento “Evangelo e Islam. Affermazioni e negazioni evangeliche sulle esigenze della testimonianza cristiana” del 2011, promosso dall’Alleanza Evangelica Italiana e da META e sottoscritto da molte opere evangeliche italiane, afferma: “Respingiamo che il Dio della Bibbia e Allah del Corano siano lo stesso Dio visto da angolature diverse. Questa equazione è un travisamento dell’insegnamento biblico su Dio Uno e Trino, su Gesù quale vero uomo e vero Dio e sullo Spirito Santo quale Persona divina in comunione col Padre ed il Figlio” (il documento è consultabile su: www.evangelici.net/notizie/1322080927.html).
Ironicamente, anche il Corano prende le distanze da questa banalità. “O miscredenti, io non adoro quel che voi adorate e voi non siete adoratori di quel che io adoro. Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato e voi non siete adoratori di quel che io adoro: a voi la vostra religione, a me la mia. Dal Corano, proviene l’improponibilità di ogni sincretismo religioso, della conciliazione dottrinale tra le religioni” (Corano 109:1-6). Vedi http://www.corano.it/corano_testo/109.htm Tranne in qualche eccezione, nel Corano, ripetutamente si nega l’esistenza di altre divinità insieme ad Allah o “non c’é altro dio all’infuori di lui” o giunge ad intimare al lettore ‘allontanati dai politeisti’ (Corano 6:19,106).
Un’altra inesattezza del Papa è quando scrive che "Gli scritti sacri islamici conservano parte degli insegnamenti cristiani" (n. 252). Affermare ciò introduce elementi inquietanti di sincretismo fra Bibbia e Corano. Inoltre, alquanto preoccupante, si utilizzano termini, ad esempio, come “scritti sacri” per il Corano mentre “insegnamenti cristiani” può suggerire che i cristiani non si basano sulla prerogativa fondante dei “testi sacri” della Bibbia per le loro convinzioni spirituali. Il dio Allah unico e singolare del Corano non è l’Allah uno e trino della Bibbia, e tantomeno è giustificabile il sincretismo tra il modus operandi del Dio rivelatosi nella Bibbia da Allah del Corano. Quando contempliamo il Figlio, ci viene dato di conoscere Dio perché il Figlio è in seno al Padre e perché il Figlio stesso lo svela: Nessuno può giungere (conoscere) al padre se non per mezzo di me.
Da dove nascono questi errori? Certamente ci sono ragioni profonde e che portano lontano nel tempo. Esse risiedono nello spirito del nostro tempo soggiogato dal “post-modernismo”, dall’“universalismo”, dal “relativismo” dove ogni idea è accettabile e plausibile. Ci sono anche ragioni prossime che sono molto vicine a noi. Papa Francesco non ha fatto altro che reiterare i principi dell’ecumenismo e del sincretismo promossi nel 2007 presso l’Università di Yale (sotto la spinta anche di Miroslav Volf).
Gli accordi di Yale, sottoscritti da oltre 300 nomi illustri provenienti dalla cristianità mondiale e da 138 nomi tra i più eccellenti del mondo islamico, affermano che “la pace nel mondo dipende dalle relazioni fra musulmani e cristiani”. Questa presunta ‘pace’, si basa sulla condizione dettata dai musulmani e fatta firmare dalla cristianità, per l’accettazione senza se e senza ma della sura 3:64 che permea tutta il contratto di pace chiamato “Un accordo in comune...”. In altre parole la condizione islamica per promuovere questa pace era firmare la dichiarazione coranica che impone ai cristiani di riconoscere il dogma coranico che c’è soltanto Allah come Dio e il Gesù del Corano solo semplice uomo e grande profeta, e il vincolo a credere che Maometto è profeta ultimo di Allah e “suggello dei profeti”.
La stesura del testo “Un accordo in comune tra Noi e Voi” (titolo originale dall’inglese: A common word between Us and You) veniva formulata dal Principe Ghazi bin Muhammad bin Talal e rielaborato dalle massime autorità teologiche islamiche quindi successivamente fatto sottoscrivere dai 300 leaders delle chiese cristiane sparse nel mondo e da tutte le denominazioni, per invitarli a ritrovarsi tutti insieme onde cercare di elaborare un accordo in comune, basandosi sul tema dell’amore del Dio unico (intendendo Allah) e l’amore per il prossimo.
Questo ‘lettera aperta’ islamica non fa alcun minimo riferimento alla feroce persecuzione inflitta dai musulmani contro i cristiani in varie parti del mondo, né si riconosce rea di esercitare la repressione contro chiunque professi la fede in Cristo nei paesi islamici. Nel testo, fatto sottoscrivere dai 300 leader cristiani, l’islam lamenta ai cristiani tutta la responsabilità per le Crociate e in più per la repressione cristiana contro i musulmani (!). Però resta inquietante la firma di 300 icone della cristianità (evangelici, ortodossi e cattolici) di spicco internazionale presenti in Occidente e in Medio Oriente, di organizzazioni evangeliche in missione in Occidente e in Medio Oriente, compreso le scuole bibliche nel mondo estero e denominazioni più stimate nel mondo. Eppoi, perché gli ebrei sono stati esclusi dall’invito alle larghe intese nella ‘lettera aperta’. Perché?
I frutti dell’Accordo di Yale sono le frasi di papa Francesco sull’Islam. Vero è purtroppo che molti insegnanti e dottori evangelici esperti in islamistica firmatari di quell'accordo, in questi anni si sono introdotti nelle chiese e nelle missioni internazionali per introdurre di soppiatto metodologie di tipo ‘Chrislam’, cioè l’idea di una possibilità di combinare l’Evangelo all’Islam. Evangelici, dunque, ma per convinzione ‘chrislamici’. Certo, non pare esagerato affermare che questi cedimenti alle larghe intese non sono soltanto inutili e vane ma ripercuoteranno un serio danno al progresso dell’evangelo nel mondo perché, come sta scritto, la via della verità sarà diffamata.
La chiesa deve essere ancora più vigilante e preparata per confrontare le nuove tendenze della teologia e della missiologia che cercano di indebolire il vangelo nello sforzo di renderlo più appetibile all’uomo comune. Invece di seguire le onde del relativismo, occorre riaffermare con forza la verità biblica. Come dice il documento “Evangelo e Islam”: “Affermiamo la necessità della missione cristiana in tutto il mondo, comprese le nazioni e le popolazioni islamiche, quale risposta al mandato biblico di benedire le nazioni e di discepolarle nel nome di Gesù Cristo (Impegno di Città del Capo [2010] par. I.10). Essa deve essere svolta con sensibilità, umiltà, spirito di dialogo ed adattamento, ma senza perdere i tratti distintivi della fede biblica e che prevedono l’annuncio della Buona Notizia, l’attesa di conversioni a Gesù Cristo e l’avvio di una cammino di discepolato nella chiesa”.
9 gennaio 2014