Ideaitalia - Nuova serie, Anno I · n. 3 · 20 marzo 2017

Evangelizzare per celebrare il 500° anniversario della Riforma

Incontro con IPL e varie opere evangeliche in vista dell’evento evangelistico del 1 luglio

ravi zachariasRoma (AEI), 20/03/2017. Oltre 50 rappresentanti di varie chiese e missioni evangeliche hanno partecipato all’incontro che rappresenta il punto di partenza per un’attività evangelistica su larga scala per l’Italia da tenersi a Roma il 1 luglio. Il proposito nasce da uno stimolo dell’Alleanza Evangelica Italiana: quello di vivere le celebrazioni del 500° della Riforma Protestante (1517-2017) all’insegna della testimonianza pubblica, dell’evangelizzazione e della franca difesa del Vangelo nell’attuale panorama contemporaneo.

Il progetto, cui ha aderito la comunione “Incontri Pastorali del Lazio” (IPL) e che sta attirando il sostegno di opere evangeliche nazionali ed internazionali, vedrà anche la partecipazione dell’evangelista ed apologeta cristiano Ravi Zacharias, che ha già accordato la disponibilità ad un duplice impegno romano: una conferenza apologetica pubblica il 30 giugno e un’evangelizzazione in una piazza del centro di Roma sabato 1 luglio che attirerà migliaia di persone.

Molte le idee suggerite durante l’incontro. Azioni evangelistiche nella città precederanno il week end conclusivo attuando un proficuo gemellaggio tra missioni e chiese locali. Mentre l’editoria evangelica supporterà gli sforzi evangelistici con iniziative personalizzate, il coinvolgimento delle numerose comunità etniche presenti nella capitale assicurerà una testimonianza festosa e multiculturale. Il programma evangelistico all’aperto contempererà sia contributi musicali sia una preghiera pubblica e solenne del popolo evangelico in favore dell’Italia. Per gestire l’avanzamento del progetto è stato incaricato un comitato che funzionerà come rete di coordinamento per i vari aspetti organizzativi.


Testamento biologico come strumento di responsabilità

La Commissione etica e società dell’AEI sulle dichiarazioni anticipate di trattamento

Roma (AEI), 20/03/2017. A proposito della discussione sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) che è arrivata all’attenzione del Parlamento, la Commissione etica e società dell’AEI.

Richiama la riflessione evangelica di questi anni come punto di riferimento che indica l’attenzione data al tema dell’etica di fine vita. In particolare segnala il documento del Centro Studi di Etica e Bioetica di Padova “Eutanasia”, Studi di teologia – Suppl. N. 1 (2003) pp. 2-12; “Chi può staccare la spina? Perché la si mantiene attaccata?” (24/10/2003); G. Riccioni, Il dibattito sull’eutanasia, Roma-Chieti, GBU 2004; la voce “Eutanasia” del Dizionario di teologia evangelica, a cura di A. Ferrari, P. Bolognesi, L. De Chirico, Marchirolo (VA), EUN 2007, pp. 262-263; A. Racca, “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (2009);

Riconosce la presente necessità di colmare un vuoto legislativo e culturale in materia di fine vita. Lo sdegno mediatico rivolto alle Istituzioni nelle ultime settimane è contrassegnato da inevitabili isterismi, ma è comunque segno di un ritardo legislativo rispetto a un dibattito responsabile su questi temi spinosi. I paradigmi morali di riferimento del discorso pubblico (la sacralità della vita opposta alla qualità della vita) sfociano in una contrapposizione fra una visione biologista della vita focalizzata sulla preminenza del ruolo del medico e una visione proiettata sulla disponibilità della vita caratterizzata dalla completa autodeterminazione dell’individuo-paziente.

Afferma l’urgenza da parte evangelica di contribuire al dibattito offrendo una prospettiva eticamente diversa che metta in discussione l’idolo dell’autodeterminazione da un lato e quello della vita biologica dall’altro, riconoscendo la finitudine del percorso di vita dei singoli, la futilità di accanimenti terapeutici, il bisogno di ricomprendere la vita non solo in senso biologico ma anche in senso relazionale e sociale, valorizzando interventi che umanizzino la morte e responsabilizzino l’individuo rispetto al fine vita.

Saluta con favore la discussione parlamentare sulle DAT perché attraverso di esse si introducano norme che valorizzino maggiormente un rapporto di alleanza fra medico e paziente e facciano maturare la progressiva responsabilizzazione dell’individuo rispetto alla sua futura morte, compresa la richiesta della sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale.

Ribadisce come le DAT siano di per sé uno strumento incompleto se non corroborato dalla promozione di una cultura dell’accompagnamento del malato terminale di cui si facciano anche carico reti sociali esterne all’ambito strettamente professionale e a quello dei fiduciari eventualmente nominati. Per attuare questo accompagnamento è necessario riportare il fine vita fuori dal suo isolamento ospedalizzato e in una dimensione più vicina alla vita dei vivi. Questo è possibile quando la società, smettendo di idolatrare l’efficienza tecnologica, si dota di strumenti culturali che la rendano consapevole dei propri limiti e la liberino dall’ossessiva rimozione della morte in modo da poter accompagnare responsabilmente coloro che giungono alla fine della vita.

Si oppone all’ipotesi di legalizzare le pratiche eutanasiche (eutanasia attiva e suicidio assistito) a chi ne faccia richiesta, nello stesso modo in cui si oppone al suicidio e all’omicidio. L’eutanasia è una soglia che non può essere valicata se non a prezzo altissimo per la società intera. Al tempo stesso invita al sostegno del malato terminale tramite l’ascolto e la vicinanza psicofisica delle reti sociali che lo circondano e tramite le cure palliative. Si è consapevoli che la sedazione possa avere come effetto secondario l’accelerazione di un percorso degenerativo già conclamato. Ma fintanto che l’intento è quello di contrastare il dolore, la si incoraggia perché promuove la dignità dell’individuo. La sedazione profonda e continuata va invece limitata a casi specifici, nonché normata e rendicontata perché non diventi la porta sul retro da cui far entrare l’eutanasia (volontaria e involontaria) nella prassi medica.


Mission-Net: un proficuo incontro organizzativo

mission net logo 250Il Congresso missionario giovanile dal 28/12 al 2/1/2018

Roma (AEI), 20/03/2017. Il Congresso Mission-Net ha una cadenza biennale e questo è proprio l'anno in cui si svolgerà il 5° Congresso dal 28 dicembre 2017 al 2 gennaio 2018. In preparazione di questo importante convegno si è tenuto ai primi di febbraio un incontro tra i responsabili nazionali dei vari paesi europei.  Il nuovo CEO Hester Zoutman (NL) che si occupa in modo specifico dell'organizzazione del Congresso è stata affiancata da un altro CEO Andy Stevens (UK, OMF) a cui è stato affidato il compito di seguire MN come “Movimento”.  L'incontro si è tenuto a Korntal ed ha visto la partecipazione di 18 persone che rappresentavano 13 nazioni. A tutti è stato dato il tempo di fare una panoramica della situazione della propria nazione (profilo generale), del lavoro Mission-Net svolto nel 2016 e le prospettive per il 2017-2018. Per l'Italia Carine Francq ha rappresentato le seguenti questioni: libertà religiosa, Migranti e traffico umano, corruzione, idolatria, Evangelizzazione, Problemi legati al terremoto, alluvioni ecc.

Per il 2017 è stato condiviso l'evento AEI che si terrà a tra fine giugno e inizio luglio con Ravi Zacharias come opportunità anche per condividere MN, oltre ad alcuni appuntamenti di incontri giovanili utili per pubblicizzare l'evento. Ecco le principali novità sul Congresso di fine 2017:

Luogo:  Venray, Sud dell'Olanda al confine con la Germania.

Oratori principali: George Verwer (OM) e Ajith Fernando (YFC Sri Lanka)

Sessioni pomeridiane: non più di 5 al giorno. In passato il programma pomeridiano era particolarmente ricco ed intenso da non lasciare spazio alla condivisione e relazione gli uni con gli altri.

Incontro nazionale: tutti i giorni. In passato questo incontro avveniva una sola volta in tutto il congresso, ma ora si ritiene che esso sia strategico per conoscere ciò che Dio sta facendo nella propria nazione e per costruire progetti e condividere doni per l'avanzamento del regno di Dio nel proprio paese.

Tema del Congresso: Where will you draw the line? (Dove tracci la linea?) Il tema vuole svilupparsi su 5 argomenti (uno  per ogni giorno): Compassione, Coraggio, Coerenza, Comunicazione, Cultura. Un tema che sfida ciascuno a riconoscere i propri limiti, ma che incoraggia ad andare oltre.

Opportunità: OM presenterà il progetto Riverboat e darà la possibilità ai giovani di sperimentare un periodo breve di missione con loro girando l'Europa; tra i partners di MN che sono OM, IFES e Cinnamon quest'ultimo vuole sostenere un progetto di chiese locali con un finanziamento cospicuo che dovrà essere presentato prima del congresso (dai partecipanti) e se approvato sarà condiviso pubblicamente all'evento (http://www.cinnamonnetwork.co.uk/).


Per la libertà religiosa nei campi profughi europei

Continua la campagna a favore dei rifugiati promossa dall’Alleanza Evangelica Europea

Roma (AEI-EAA), 20/03/2017. La Campagna per i rifugiati è un'iniziativa promossa dall'Alleanza Evangelica europea (EEA) insieme ad altri partner come la Refugee Highway Partnership e l'Associazione internazionale per i rifugiati. La campagna è stata lanciata nel gennaio 2016 con l’obiettivo principale  di coinvolgere i cristiani e le chiese europee in una risposta adeguata alle sfide poste dalla crisi in atto. L’intento è quello di creare interesse e sensibilizzare sul tema dei rifugiati per creare una rete di sostegno, di preghiera e anche di azioni concrete che possano finire per influenzare le politiche pubbliche. L’Alleanza si sta impegnando nella creazione di contenuti semplici e chiari che presentano la situazione attuale per generare consapevolezza e conoscenza, inoltre dagli uffici di Bruxelles si sta muovendo per contattare alcuni membri del Parlamento Europeo per presentare  diverse questioni relative alla migrazione.

Tra aprile e maggio è previsto un evento presso il Parlamento Europeo per presentare la questione dei rifugiati sottoposti a pressioni a causa della loro fede nei campi profughi e per offrire proposte politiche alle istituzioni che sempre di più alimentano retoriche populiste e nazionaliste inneggiando alla riduzione delle entrate dei profughi.


Riformare l’Europa, ma come?

Una riflessione della Commissione Etica e Società dell’Alleanza Evangelica Italiana in occasione del 60° dei Trattati di Roma

Roma (AEI), 20/03/2017. Il 25 marzo 2017 ricorrono i 60 anni della firma dei Trattati di Roma, considerati come una delle tappe più significative del processo di integrazione europea. In soli 60 anni, l’UE si è distinta in modo notevole. Un continente devastato dalla guerra, segnato dalla bancarotta politica ed economica, è stato trasformato in una prospera democrazia trans-nazionale, di 27 (al netto della Brexit) Nazioni, vissuta da più di 500 milioni di persone. Si tratta senz’ombra di dubbio di risultati che vanno oltre le più ottimistiche aspettative di De Gasperi, Schuman, Monnet e Adenauer e dei rispettivi Paesi fondatori. In questi 60 anni, come nei XX secoli precedenti, la fede cristiana ha avuto – e continua avere - un ruolo rilevante nel costruire lo spazio comune europeo, contribuendo ad orientare le scelte politiche e le convinzioni di fondo.

Evangelici ed Europa
Il contributo evangelico alla complessa identità europea è sempre stato importante. Dalla rinuncia di assoggettarsi alle élite clericali al rifiuto di usare il latino, dalla traduzione in lingua comune della Bibbia alla nascita di comunità cristiane territoriali, la Riforma fin da subito ha delineato i parametri di un portale segnato da creatività e responsabilità. Grazie alla Riforma e ai Risvegli evangelici, sono state possibili nuove configurazioni politiche, ecclesiastiche, economiche e sociali. L’Europa ha così potuto conoscere dinamiche innovative ed emancipatorie che hanno aperto la porta all’affermazione dei diritti civili e della libertà religiosa.

Le culture confessionali (protestanti e cattoliche, ad esempio) rappresentano, infatti, delle pedine importanti nello scacchiere dell’identità europea. La partita non è però semplice o lineare: le stesse valutazioni storiografiche non sono convergenti. E, negli anni, la diversità tra la visione “universalistica” cattolica e quella “nazionale” protestante ha forse reso difficile la stabilità dell’homo europaeus, spiegando molte delle difficoltà contemporanee del vecchio continente. Inoltre, il contributo evangelico alla costruzione europea è stato più dettato da sensibilità nazionali particolari che non da una visione d’insieme cristiana in grado di immaginare un’architettura istituzionale dell’Europa.

Verso un’Europa federale
L’Europa appare oggi in uno scenario complesso (si veda ad esempio l’ottimo J. Chaplin e G. Wilton, God and the EU: Faith in the European Project, London 2016): è un sistema politico che ha un profilo istituzionale e una particolare azione di governo, ma la sua natura non è chiara e, ancor più grave, non esiste un chiaro modello per il futuro. Nel corso del tempo, le sovranità nazionali si sono trasformate, e lungo i faticosi processi di integrazione hanno ceduto sempre più competenze all’Unione Europea, formando quella rete di relazioni e il groviglio di poteri che caratterizza l’Europa così come è conosciuta oggi. L’Europa è diventata sinonimo di burocratismo, élite finanziarie, intrusione nelle vite dei popoli, strutture costose (si pensi ad un parlamento con due sedi e senza potere legislativo!). Ancora oggi, quando i leader europei parlano di integrazione, non è chiaro cosa vogliano dire. Da un lato c’è il rischio dell’Europa come super-stato che ingloba tutto; dall’altro ci sono le tentazioni “sovraniste” dei vari stati che vogliono smantellare il progetto europeo.

La sfida per i cristiani è ampia e complessa: ad iniziare dal tentativo di consolidare il progetto Europeo, sostenere Istituzioni europee efficienti, e allo stesso tempo valorizzare le diversità culturali presenti tra le nazioni nell’UE. L’opzione federalista può quindi rappresentare una chiave di volta, un format istituzionale da ricercare. Come sostenne il documento AEI sull’Europa del 2003, col federalismo si fanno poche cose in modo unitario (es.: la politica estera, la moneta e poco altro), mentre per tutte le altre ogni stato-nazione si regola in modo autonomo. Il modello federale permette infatti di riconoscere alle istituzioni federali delle competenze che investono tutti gli stati-nazione federati, mentre questi ultimi rimangono i titolari di tutte le altre (AEI, Un contributo evangelico ai lavori della convenzione europea, 2003).

Nella prospettiva evangelica la pluralità culturale è espressione della ricca varietà della creazione di Dio: per questo apprezziamo la lingua, la storia, l’arte, la configurazione sociale, i modelli educativi e produttivi delle singole Nazioni. Il rispetto della pluralità culturale delle Nazioni richiede infatti di optare, a volte, per la ricerca di un qualificato “coordinamento” fra le stesse, piuttosto che di una generica “integrazione” nei diversi settori. L’Europa deve cioè ripensarsi come una comunità di popoli, una vibrante realtà federale, abbandonando la ricerca mitologica volta a formare un unico popolo.

In un orizzonte di semplificazione federale, come cristiani evangelici vogliamo contribuire al dibattito in corso, riconoscendo in primis nell’UE il mandato specifico di promuovere la giustizia ad un livello transazionale per le questioni che riguardano problemi globali. Molti problemi – sicurezza, migrazioni, competizione economica, degrado ambientale, ecc. – hanno infatti un chiaro profilo transazionale che richiede la presenza di adeguate Istituzioni sovra-nazionali e federali in grado di affrontarli. Promuovere una dimensione di giustizia che vada oltre il particolare delle singole Nazioni è quindi quello che l’UE dovrebbe essere incoraggiata a fare.

L’ethos dell’Europa
Oggi la domanda che più fronti propongono crea qualche sconcerto: può l’Europa distruggere se stessa? Questa sembra essere, infatti, la portata della crisi del progetto comunitario negli ultimi vent’anni. Incapace di articolare una visione politica lungimirante e trasparente che non si fermi alla moneta unica, per molti europei la percezione comune rappresenta l’Europa come il gigante burocratico, testardamente austero nella sua politica economica, non proprio virtuoso e solidale nella gestione della crisi migratoria e sostanzialmente inefficace e costoso per il resto.

A 60 anni dai trattati di Roma, è dunque fondamentale recuperare la visione morale, l’ethos del progetto europeo. Occorre ricordare i rischi di alcuni scenari incompatibili con l’impegno per la giustizia e la ricerca del benessere: la solitaria ricerca dell’interesse nazionale, lo sforzo di costruire confini inespugnabili, lo scontro tra giurisdizioni e l’emergere del sospetto verso ogni cultura diversa dalla propria … Occorre riaffermare come l’interdipendenza costruttiva tra vari corpi nazionali per essere sostenibile possa solo essere la diretta conseguenza di convinzioni morali e politiche quali l’assoluto rispetto per la dignità e la libertà umana.

Un ri-orientamento verso le coordinate della giustizia, della libertà, della solidarietà e della pace nello spazio pubblico è quindi ciò di cui gli europei hanno bisogno. Risulta davvero urgente rispondere a domande di questo tipo: come manifestare solidarietà nei confronti della Nazioni più svantaggiate o nell’improvviso bisogno? Qual è la risposta opportuna all’immigrazione di massa? Come combattere il degrado ambientale?

Negli ultimi mesi è proprio su questi temi che sembra essere cresciuto il disappunto e l’opposizione all’idea stessa di Unione Europea. Unione sempre più percepita come un’enorme entità tentacolare e transazionale, pesantemente segnata dalle molte disfunzionalità e fallimenti. E come tale presentata dalle forti ondate di populismo che caratterizzano il clima politico europeo. Diverse nazioni e molti attori della società civile si domandano, infatti, se è davvero indispensabile avere un Europa unita per ricercare la realizzazione dei principi di giustizia, libertà, solidarietà e pace a livello sovranazionale. Non avrebbe forse più senso ed efficacia agire in una dimensione locale, con eventuali partnership costruite ad hoc?

L’occasione del 60° dai trattati di Roma, rappresenta quindi l’opportunità per riflettere sull’Europa e su come fronteggiare il deficit democratico presente in Europa che lascia molti cittadini europei indifferenti (se non a volte ostili) alle Istituzioni e ai valori dell’Unione Europa.

Sulle prospettive dell’UE, il presidente Junker ha da poco presentato il “Libro Bianco” sul futuro dell’Europa, dove presenta cinque scenari possibili invitando i Paesi membri a partecipare ad un intesso processo di analisi e condivisione. Si tratta di un processo lungo, sicuramente complesso e con un orizzonte pluri-generazionale, per molti aspetti apprezzabile, anche se il modello di riferimento (federazione di stati, super-stato, o …) non è chiaro.

La bussola per il futuro
Da tale visione sistemica, ne derivano alcune implicazioni:

  1. essere orientati alla giustizia, vuol dire non ridurre ad esempio la governance alla sola logica di mercato. Se oggi gli elementi dell’integrazione monetaria e dell’espansione economica sono visibilmente predominanti sugli altri aspetti sociali o politici, la viva preoccupazione è che una continua e perdurante concentrazione in tali ambiti incide negativamente e irreversibilmente sullo sviluppo umano e sociale. La ricerca della giustizia dovrebbe invece incoraggiare un autentico impegno per la completa realizzazione delle priorità politiche e sociali delle Nazioni.
  2. L’UE deve continuare a facilitare l’azione dei corpi sociali intermedi (famiglie, scuole, chiese, associazioni …) nella loro interlocuzione civica e sociale, evitando che politiche di stampo neoliberale indeboliscano queste importanti strutture sociali.
  3. L’integrazione intra e sovra nazionale da ricercare continuamente deve essere di tipo federale e non alimentare l’ambizione ad essere un super-stato. Spesso, infatti, guidata dalla sola logica finanziaria o burocratica, fortemente omologante, l’UE è andata oltre i suoi confini naturali, producendo norme e impianti legislativi su innumerevoli ambiti, minacciando a volte la specificità culturale degli Stati membri-
  4. L’impegno per la libertà religiosa e la decisa protezione della pluralità confessionale (sia negli Stati membri, sia nella politica estera dell’Unione) deve diventare un obiettivo prioritario. La natura plurale – anche religiosa e/o confessionale - dell’Europa deve essere sicuramente salvaguardata, e non compressa. Negli ultimi anni l’Europa ha subito diverse tensioni tra i proponenti di quello che sarebbe stato una forma di Stato confessionale (Italia, Grecia, ecc)), le istanze secolari e quelle delle minoranze di vario tipo e coloro che spingevano per una neutralità assoluta (si veda la laicitè francese). Ad oggi l’equilibrio si assesta in un modello di tipo cooperativo, comunque non privo di contraddizioni e paradossi, dove si combinano sia una forte neutralità dello Stato, sia una certa libertà religiosa. Pur nella consapevolezza che i cristiani non devono ricercare status particolari o privilegi, lo spazio pubblico deve essere positivamente plurale.

Contribuire per trasformare
Come cittadini cristiani siamo dunque inviati a contribuire attivamente al futuro progetto europeo. E possiamo farlo recuperando l’impegno e la responsabilità per la giustizia, incoraggiando credenti, cittadini, politici e tecnici a lavorare simultaneamente per la pace, la sostenibilità e il benessere, senza mai dimenticare le imprescindibili condizioni di pluralità e libertà.

Il cristianesimo è stato per l’Europa il principale attore di cambiamento e di sviluppo, prima che la fede venisse sostituita da contenuti ideologici e da manipolazioni religiose. Ancora oggi, come cittadini e cristiani siamo inviati a contribuire attivamente al futuro progetto europeo. Possiamo farlo recuperando integralmente la visione del mondo biblica, l’impegno e la responsabilità per la giustizia, incoraggiando credenti, cittadini, politici e tecnici a lavorare contestualmente per la pace, la sostenibilità e il benessere. Possiamo farlo con la determinazione e la resilienza che solo il Vangelo può dare, iniziando a lottare per le imprescindibili condizioni di pluralità e libertà che devono segnare il futuro europeo.

La via del protezionismo confessionale, della conservazione di ormai ingiustificati privilegi, non può più rappresentare una mappa affidabile. L’Europa deve essere ancora il contesto dove l’autentico annuncio del Vangelo sia possibile; dove i frutti genuini della fede possono continuare a maturare senza paure di sorta per ciò che si realizzerà. E per questa visione invitiamo all’impegno, alla preghiera e alla celebrazione della fedeltà di Dio – non solo dell’Unione Europea e dei suoi (primi) 60 anni.


“Papa Francesco vuole smontare la Riforma protestante”

Il vicepresidente AEI Leonardo De Chirico alla conferenza Ligonier

leonardo de chirico a ligonierRoma (www.christianpost.com), 20/3/2017. Si è parlato anche delle dinamiche del cattolicesimo contemporaneo alla conferenza annuale Ligonier tenutasi ad Orlando, Florida, dal 9 all’11 marzo 2017. Nel suo intervento di fronte a oltre quattromila persone, il vicepresidente dell’AEI, Leonardo De Chirico, ha dichiarato che papa Francesco, in ultima analisi, intende smantellare la Riforma. Nonostante le sue aperture, il Papa e la Chiesa Cattolica Romana intendono mantenere le loro posizioni contrarie allo spirito della Riforma Protestante centrato sull’autorità suprema della Scrittura e sulla giustificazione per sola fede e che sono in netto contrasto con lo spirito dell’evangelicalismo moderno.

“È il primo Papa gesuita. Ricordate che l’ordine dei gesuiti fu fondato nel sedicesimo secolo per la lotta alla diffusione della Riforma” ha avvertito De Chirico. “Con il nuovo Papa, l’ordine dei gesuiti sembra avvicinarsi a noi con un volto sorridente, ma continua a portare con sé la tradizione ed anche il suo primario obiettivo e cioè quello di  smantellare e decostruire la Riforma per offrire un’alternativa cattolica romana alle istanze poste dalla Riforma”. Analizzando il messaggio del papa, De Chirico ha anche sostenuto che “Francesco dà molta più importanza alla grande varietà di coscienze delle persone. È più interessato al calore che alla luce, all’empatia più che al giudizio. Si concentra sull’atteggiamento piuttosto che sull’identità. Preferisce abbracciare più che insegnare. Per lui la vicinanza umana è più importante dell’integrità teologica. L’appartenenza, per lui, ha priorità sul credere”.

L’intervento è stato svolto nell’ambito conferenza annuale Ligonier il cui tema quest'anno era  "I prossimi 500 anni", in onore del 500 ° anniversario della Riforma protestante.

Mentre si elevano voci critiche sull’abbraccio cattolico, molti evangelici sono pronti a sostenere l’attuale pontefice. Questo sostegno è iniziato qualche anno fa.  L’evangelista argentino Luis Palau già in un’intervista del 2013 rilasciata a Christianity Today dichiarò che l’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio aveva legami stretti con comunità evangeliche della nazione latinoamericana. “E’ stato un grande giorno per le comunità evangeliche quando ci siamo resi conto che era veramente aperto, che ha un gran rispetto per i credenti cristiani e che li appoggia” spiegò Palau.

De Chirico non è stato l’unico oratore alla conferenza di Ligonier che ha avuto parole critiche sulla Chiesa cattolica. Nel suo intervento, il pastore John MacArthur della Grace Community Church ha sottolineato che la chiamata di Lutero al Sola fide nel sedicesimo secolo fu considerata anatema dal Concilio di Trento. “Lutero disse ‘ se questa dottrina della sola fide resta, allora la chiesa esiste. Se questa dottrina crolla, crolla la chiesa” ha detto MacArthur. “Non può esserci alcuna armonia tra la Chiesa Cattolica Romana e le vere chiese fondate sul Vangelo e le sue dottrine”.

L’articolo completo del Christian Post è disponibile qui. Il video con l’intervento di De Chirico può essere scaricato qui.


A cura dell’Ufficio stampa dell’Alleanza Evangelica Italiana
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Redazione: Lucia Stelluti, Chiara Lamberti, Leonardo De Chirico, Giovanni Marino, Stefano Bogliolo, Sergio De Blasi, Carine Francq.

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