La sfida europea delle migrazioni

L'Alleanza Evangelica Europea al centro di numerose iniziative

Le migrazioni sono un fenomeno complesso sul piano umanitario, politico ed anche spirituale. La sfida per gli evangelici europei e' di non subirle passivamente, ne' di affrontarle in modo superficiale, ma di coglierle come occasione per affinare la vocazione cristiana ad essere sale e luce della società. In varie Paesi europei le Alleanze evangeliche sono il punto di raccordo delle iniziative umanitarie ed evangelistiche messe in campo. Dal mese di ottobre 2016 l'AEI partecipa regolarmente ad un appuntamento telefonico con cadenza mensile insieme ad altri rappresentanti di organizzazioni missionarie, agenzie e Alleanze evangeliche di diversi stati europei per confrontarsi sulla questione migranti.

La conversazione avviene in video chiamata ed è mirata a monitorare ciò che i cristiani evangelici stanno facendo riguardo al tema dell'immigrazione. Lo scopo dell'incontro è capire in che modo si possono concentrare gli sforzi condividendo informazioni sugli sviluppi del flusso migratorio nella propria nazione, sui cambiamenti nella situazione o posizione del governo, le sfide, le opportunità ecc.

L'Alleanza evangelica italiana, rappresentata da Carine Francq, porta alla discussione l'esperienza maturata in interventi svolti negli anni a Lampedusa e tuttora in vigore in vari punti della Sicilia, Roma e Pescara. L'Alleanza ha anche promosso una riflessione sul tema "Immigrati e confini responsabili" del 2008 (riportata qui sotto) e che rappresenta un punto di riferimento nell'azione.

Alleanza Evangelica Italiana
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Causale: Pro migranti


IMMIGRATI E CONFINI RESPONSABILI

Una dichiarazione della Commissione etica e società dell'Alleanza Evangelica Italiana

L'Alleanza Evangelica Italiana – organismo di comunione e collegamento delle chiese, delle opere e dei credenti evangelici – nel ricordare la propria disponibilità a collaborare a tutti i livelli con gli organismi e le Istituzioni che si occupano di immigrazione, esprime una forte preoccupazione per l'evoluzione delle politiche migratorie e delle norme che regolamentano l'accoglienza di persone immigrate nel nostro Paese.

Pur comprendendo la complessità del fenomeno e consapevoli di come le responsabilità di governo debbano in questo caso misurarsi contestualmente alle esigenze proprie della sicurezza e a quelle dell'accoglienza, crediamo che la presente individuazione di soluzioni operative risulti poco sostenibile e potenzialmente lesiva dei fondamentali diritti umani.

Il mandato biblico, la fede cristiana e i suoi valori, il nostro impegno per la formazione di comunità plurali e civili, ci inducono infatti a sottolineare come occorra – primariamente – considerare gli immigrati come persone ad immagine di Dio e, in quanto tali, portatori di una dignità irriducibile.

Inoltre, abbiamo un rapporto privilegiato con molti immigrati e conosciamo molto bene i problemi che quotidianamente affrontano nel nostro Paese. Molti di loro, infatti, sono membri attivi ed esemplari delle nostre chiese, delle nostre opere ed agenzie missionarie. L'immigrazione è infatti sempre più un fenomeno che riguarda spostamenti rilevanti di persone non cattoliche che vogliono provare – per molteplici motivi – a riconfigurare le loro esistenze nei Paesi occidentali.

Risultano chiaramente problematici tutti gli atteggiamenti che – nel provare a risolvere parte delle difficoltà – si accontentano di diffondere strategie di tipo caritatevole e sono da considerare pericolose le abituali deleghe in bianco fatte nei confronti di enti e di azioni di emergenza.

La prospettiva biblica e cristiana è infatti diversa. È Dio stesso che richiede un'attenzione particolare per gli "stranieri": Egli difende la loro causa, provvede loro di tutte le risorse necessarie. (Deuteronomio 10:18–19) . Non si possono trattare "diversamente" gli stranieri, così come non è possibile progettare ed implementare politiche che fanno proprie differenziazioni irresponsabili (noi/loro) e che alimentano rigurgiti nazionalistici.

A nostro parere, si tratta di una ineludibile esigenza di giustizia, non solo di carità. Come tale andrebbe gestita e compresa. Quale popolo cristiano, siamo chiamati a lottare per la giustizia di tutti, soprattutto di coloro che sono oppressi ed impotenti (Proverbi 31:8). Ci rendiamo conto che la cifra della nostra obbedienza non potrà mai – pena la sua autenticità – essere limitata alla mera salvaguardia del benessere acquisito, ma dovrà sempre essere di beneficio per il mondo intero, ad iniziare dagli ultimi.

Come AEI incoraggiamo quindi la costruzione di interventi socio–politici che pur garantendo la sicurezza e la pace sociale, non tollerino situazioni di ingiustizia e di sfruttamento da un lato, e permettano, dall'altro, agli immigrati di diventare presto protagonisti produttivi ed attori sociali responsabili del loro futuro anche nel nostro Paese. Piuttosto che governare le paure provando ad ergere confini, incoraggiamo la società civile ad agire per il loro superamento, in uno slancio di apertura e di giustizia globale.

In particolare, una politica coerente ai principi di civiltà e democraticità dovrebbe secondo noi tener conto di diversi elementi, fra i quali:

  1. La necessità di moltiplicare le vie legali di ingresso e di stabilizzazione;
  2. L'utilizzo della massima attenzione possibile nelle varie azioni umanitarie (accoglienza, rimpatri, ..)
  3. La necessità di favorire organicamente (e non artificiosamente) i ricongiungimenti familiari e di attivare – contestualmente – politiche culturali e sociali di integrazione nel rispetto delle diversità.

Ci sembra anche necessario segnalare come, nella nostra percezione, molte paure nei confronti degli immigrati siano dovute a modelli in qualche modo segnati dal razzismo e dal pregiudizio. Molta retorica politica sembra muoversi in questa preoccupante direzione.

Probabilmente, oltre la sicurezza, il problema centrale dell'immigrazione non sta nell'individuazione dei numeri esatti da ammettere in Italia anno dopo anno. Il problema centrale sembra essere il disaccordo e le tensioni culturali interne al Paese che gli immigrati generano quasi naturalmente. Esiste infatti una forma di rabbia popolare che con estrema facilità si riversa nei diversi, nell'altro non capito e non conosciuto. Per questo motivo occorrerebbe attivare fin da subito azioni a sostegno dei pluralismi e delle diversità che cittadini, corpi intermedi, organizzazioni ed istituzioni inevitabilmente presentano.