Crocifisso di Stato, un’occasione mancata

L’Alleanza Evangelica Italiana, essendo già intervenuta sulla controversia riguardante l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche (28/10/2003; 17/02/2006; 4/11/2009), prende atto con amarezza della decisione della Corte Europea di Strasburgo che, con sentenza definitiva, dà ragione al ricorso presentato dal Governo italiano col forte sostegno della Chiesa cattolica, e stabilisce che l’esposizione del crocifisso non viola i diritti umani di chi non vi si riconosce da un punto di vista religioso.

L’amarezza non deriva da un’avversione nei confronti dei simboli religiosi visibili che sono invece fondamentali per la civiltà umana. Essa nasce da una serie di confusioni ed errori che infarciscono tutta l’argomentazione a sostegno dell’esposizione del crocifisso nelle scuole, cui anche la sentenza europea fa purtroppo ricorso. Riassumiamo le ragioni che non ci permettono di accettare il “crocifisso di stato”.

  1. Lo stato non deve vietare l’esposizione di qualsiasi simbolo religioso, ma uno stato laico deve astenersi dal fare proprio un simbolo religioso particolare. L’abc della laicità (senza aggettivi) dice che lo stato rispetta tutti i simboli religiosi, ma non ne adotta uno particolare come proprio. Lo stesso principio vale in Occidente come vorremmo che valga nei Paesi a maggioranza islamica o di altra religione prevalente. Lo stato laico, per esempio l’Italia, ha i suoi simboli che sono la bandiera ed il ritratto del Presidente in carica. Se proprio vuole esporre dei simboli nelle aule scolastiche, può usare questi. Usare il crocifisso come simbolo dell’identità nazionale è un abuso del crocifisso (che non significa quello) e della laicità dello stato (che non sposa alcun simbolo religioso).
  2. Non dimentichiamo la storia dell’esposizione del crocifisso in Italia. Esso è retaggio di uno stato confessionale d’impronta totalitaria e liberticida. L’esposizione del simbolo cattolico è lì per espressa volontà di Benito Mussolini, che dopo avere per anni attaccato ripetutamente il cristianesimo e Gesù Cristo stesso, improvvisamente si scoprì paladino della fede cattolica, per evidenti interessi politici. La Chiesa cattolica vide in Mussolini l’uomo della provvidenza per rafforzare la sua posizione di monopolio religioso nei confronti degli italiani. Per conquistare i favori del Vaticano, il fascismo impose l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche e l’insegnamento della religione cattolica con la circolare ministeriale 2134/1867 del 29 maggio 1926. Ora, grazie a Dio e almeno sulla carta, lo stato confessionale non c’è più e il regime fascista neppure. Perché tenere in piedi retaggi di quel passato oscuro e non aprirsi ad assetti più avanzati di laicità e di rispetto del pluralismo religioso?
  3. Il crocifisso non è nemmeno un simbolo civile di fratellanza e di tolleranza. Intanto, sul piano storico, la croce è stata anche il simbolo di violenze, di sopraffazioni, di crociate, di guerre, ecc. Altro che tolleranza e fratellanza! Per i cristiani, poi, la croce è “scandalo” e “pazzia” per i non credenti, ma è “potenza di Dio e sapienza di Dio” per i figli di Dio (1 Corinzi 1,23-31). Se si vuole ammansire la croce, renderla un simbolo “buonista”, si stravolge il suo significato. Per i non credenti, la croce è motivo di contraddizione, e tale deve rimanere se non la si vede nell’ottica del piano di Dio. Che si rispetti la specificità religiosa del simbolo lasciando che siano le chiese che lo ritengono opportuno a servirsene, senza caricarlo di significati civili che non gli appartengono.
  4. Il crocifisso non è simbolo cristiano, ma semmai cattolico-romano. Quando si parla di crocifisso non si deve parlare di una tradizione “cristiana” tout court, ma specificamente cattolico-romana. Nella tradizione evangelica, infatti, non esiste il crocifisso (la croce con la rappresentazione del corpo di Cristo appeso), ma la croce semplice. Essa ricorda il sacrificio di Gesù, ma anche il fatto che Gesù è risorto e che è asceso al Padre. Cristo oggi non è più in croce. Il simbolo della croce ricorda ciò che ha fatto, non il luogo dove si trova ora. Il crocifisso (cattolico-romano) è caricato di una sovrastruttura teologica che contiene un errore teologico e comporta uno scompenso nella spiritualità. Ad esso, infatti, è associata la legittimazione della venerazione di immagini, reliquie, sindoni varie che distolgono l’attenzione dalla croce.

Di fatto, l’esposizione del crocifisso, è una eredità di un periodo poco esaltante della Chiesa cattolica e del suo abbraccio mortale con l’autorità secolare, che rappresenta ancora oggi un modo efficace di “marcare il territorio” e affermare la propria egemonia nei confronti di tutti gli altri. È un peccato che il crocifisso sia strumentalizzato per finalità di potere che nulla hanno a che fare con la laicità dello stato e il significato della croce. Per queste ragioni, pur rispettando la sentenza, continueremo ad impegnarci affinché i principi di libertà religiosa, di rispetto del pluralismo e di laicità dello stato, si affermino sempre più anche in Italia. La sentenza è un freno che però non fermerà la ricerca della libertà di tutti e per tutti.

Roma, 21 marzo 2011