Laicità bistrattata

In occasione del terzo anniversario della visita di papa Giovanni Paolo II al Parlamento italiano, le autorità di Montecitorio hanno avuto la brillante idea di ricordare l’evento scoprendo una targa lignea nell’Aula della Camera. Alla presenza del Presidente della Repubblica, un lungo e commosso applauso ha salutato l’evento

Da ora in poi, quindi, nel luogo che rappresenta le istituzioni repubblicane (il Parlamento) ci sarà a perenne memoria un ricordo di “Sua Santità” e del giorno che, a dispetto di tanta retorica clericale, ha rappresentato un ferita per lo stato laico italiano.

Il termine laicità è stato strapazzato nei discorsi ufficiali tenuti nel corso della cerimonia. Tanto citato quanto stravolto. Quale laicità può esserci in una targa che ricorda un papa (chiamandolo con il poco laico “Sua Santità”) nel luogo per eccellenza della laicità dello stato e che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, anche quelli che il papa non lo riconoscono né come loro capo religioso, né come “santità”? Anche questa volta, le alte autorità dello stato hanno dato prova di un grave deficit di laicità assimilata e promossa. Hanno invece ancora una volta dimostrato un pericoloso atteggiamento di asservimento al potere della gerarchia della chiesa di Roma, a detrimento della distinzione tra stato e chiesa.

Nel discorso di papa Benedetto XVI, al danno si è aggiunta anche la beffa. Il papa ha detto che la chiesa “non intende rivendicare per sé alcun privilegio ma soltanto la possibilità di adempiere alla propria missione nel rispetto della laicità dello Stato”. Anche il papa, quindi, si è permesso di fare una lezione sulla laicità! Nel rispetto del suo pensiero e della carica che rappresenta, le sue parole sono al limite dell’offesa del buon senso. Chi non è al corrente del fatto che la chiesa di Roma ha e difende a denti stretti dei privilegi che non ha nessuna intenzione di mollare?

Non è un privilegio essere trattata in modo diverso dalla Costituzione stessa rispetto alle altre confessioni religiose? Non è un privilegio trattare con lo stato italiano in quanto stato (il Vaticano) e non come chiesa come fanno tutte le altre confessioni? Non è un privilegio essere titolare dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, tra l’altro pagato dallo stato laico? Non è un privilegio avere i microfoni dei media sempre aperti al minimo starnuto delle autorità religiose? Non è un privilegio aver ricevuto e ricevere ingenti fondi per la manutenzione del proprio patrimonio immobiliare (vedi Anno santo del 2000)? La lista potrebbe continuare

Se il papa davvero non vuole privilegi, farebbe bene ad iniziare a smantellare unilateralmente il sistema dei privilegi di cui la sua chiesa gode in Italia. Altrimenti, è meglio che stia zitto su questo argomento e ci pensi bene prima di dare lezioni su un argomento su cui ha molto da imparare.

Roberto Mazzeschi

Alleanza Evangelica Italiana
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